giovedì, 18 Aprile 2024
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L’uomo della forchetta

Correva l’anno 1872 quando, precisamente la sera del 9 gennaio, con poca prudenza e molta spavalderia, il giovane tappezziere Egisto Cipriani di 23 anni, scapolo, fece una sconsiderata scommessa

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Correva l’anno 1872 quando, precisamente la sera del 9 gennaio, con poca prudenza e molta spavalderia, il giovane tappezziere Egisto Cipriani di 23 anni, scapolo, fece una sconsiderata scommessa. Il baldo giovanotto, che aveva avuto modo di vedere un prestigiatore cinese infilarsi una sciabola in gola durante i suoi spettacoli all’Arena Nazionale dove si esibiva la Compagnia Equestre diretta da Achille Ciotti, con i gaudenti amici, scommise che si sarebbe introdotto interamente una forchetta nell’esofago.

Scelse una comune forchetta metallica da tavola e, presa con due dita per le quattro punte, iniziò l’inserimento nella gola per la parte del manico, quando, malauguratamente, gli sfuggì l’appiglio e la forchetta scivolò giù. Dopo diversi, quanto inutili, tentativi di recuperarla compiuti dallo stesso giovane e dai suoi amici, non riuscirono che a farla penetrare più addentro nell’esofago, in preda al terrore Egisto fu accompagnato all’ospedale di San Giovanni di Dio. Anche qui dopo varie prove, non potendo ottenere nessun recupero, gli furono somministrati 60 grammi d’olio di ricino per favorirne l’evacuazione. In questo caso specifico, il corpo estraneo ingerito era talmente lungo (cm 22), che l’espulsione naturale era difficilissima, se non addirittura impossibile. Infatti, fu così. Il giorno seguente il povero Cipriani fu ricoverato nella clinica chirurgica dell’ospedale di Santa Maria Nuova, all’attenzione del professor Tebaldo Rosati.

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Del caso s’interessò subito la stampa cittadina e per circa due mesi il quotidiano La Nazione, descrisse in ogni particolare l’evolversi di questo specifico caso di cronaca. Il giovane tappezziere, che abitava in Via del Porcellana al numero 13, fu assiduamente visitato e controllato anche attraverso consulti effettuati da illustri luminari del tempo nostrani e stranieri, fra i quali notammo tre medici inglesi; chi protendeva per un’attesa determinata a capire meglio dove si trovasse effettivamente la forchetta, chi, viceversa, era dell’idea di intervenire chirurgicamente mediante l’apertura dell’addome per estrarla.

L’operazione era una di quelle definite “difficilissima e scabrosissima” in quanto, non ancora conosciuti i Raggi Rontgen, la localizzazione del corpo estraneo avveniva solo per palpazione e questa non era sufficiente a stabilire con precisione dove si trovasse la forchetta. Non si volle neppure capovolgere l’individuo per tentare di far retrocedere per l’esofago il corpo estraneo, perché la forma stessa della forchetta escludeva ogni possibilità della sua uscita. Fu proposto anche di sperimentare una sonda spicillo realizzata appositamente dalla ditta Gabbrielli, nota fabbrica di strumenti chirurgici, da introdursi attraverso l’esofago nello stomaco del paziente che, venuta a contatto colla forchetta potrebbe dare un suono che ci assicurerebbe della di lei esistenza. Tali esperimenti, ripetuti in più occasioni, oltre a procurare al Cipriani fortissimi sensi di soffocamento, dettero sempre esiti negativi.

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Trascorsero giorni, settimane, mesi, fino a quando il Cipriani, divenuto il famoso “uomo della forchetta”, poiché le sue condizioni erano tali da far scrivere al cronista che egli mangia, beve, fuma, passeggia ed è tranquillo, decise di lasciare l’ospedale e tornarsene a casa al suo lavoro di tappezziere. Sembra incredibile ma è pur vero, che Egisto Cipriani, con la forchetta nell’addome, trascorse ben 15 anni di vita quasi del tutto normale, tanto che contrasse anche matrimonio. Il 30 aprile 1887, però, quando ormai più nessuno pensava all’uomo della forchetta, questi fu urgentemente operato di laparotomia nell’Ospedale di San Giovanni di Dio dallo stesso Professor Tebaldo Rosati, che per primo lo aveva visitato nel 1872 (nel frattempo divenuto primario) e dal suo aiuto dottor Giulio Catani. L’esito dell’operazione fu positivo e l’8 giugno il Cipriani fu dimesso con guarigione perfetta.

A solo titolo di curiosità dobbiamo riferire che la forchetta recuperata è tuttora custodita nel piccolo museo dell’Ospedale di San Giovanni di Dio unitamente alla fotografia del Cipriani. Inoltre, l’arguto poeta Renato Fucini, noto anche con lo pseudonimo e anagramma di Neri Tanfucio, che in quell’epoca viveva nella nostra città, Ingegnere del Municipio, compose un sonetto (il XXXVI°) in vernacolo pisano intitolato L’Omo della forchetta.

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Il racconto è tratto dal libro “Piazza di Santa Maria Novella” degli autori mentre il disegno è di Stefania Valentini.

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