Hajar ha otto anni e, tutta orgogliosa, annuncia di aver imparato a scrivere quella difficile lettera araba, quella che in italiano non si pronuncia. Yasmin e Yassin sono i più piccoli, hanno quattro anni e, per ora, guardano i loro compagni di classe con gli occhi sgranati. Più che di scrivere e leggere hanno voglia di fare tanti giochi. Youssef invece di anni ne ha venti, è ormai un “veterano” e, più che imparare, aiuta gli altri bambini. Lo vediamo impegnato con due di loro provenienti dal Bangladesh, che riempiono i loro quaderni in silenzio, scrivendo fitto fitto.
IL CORSO. Sono solo alcuni degli oltre quaranta bambini e ragazzi che il sabato pomeriggio, in una sala della Casa della Cultura di Ponte di Mezzo, partecipano a un corso di arabo molto particolare, organizzato dall’associazione di donne magrebine Nissaa e rivolto a bambini nati in Italia da genitori di madrelingua araba. Stranieri solo sul documento d’identità, che parlano italiano, anzi, proprio fiorentino, come tiene a ricordare Giuseppe Guagni, il presidente della Casa del Popolo, che quei bambini li considera un po’ tutti come suoi e che spesso si affaccia alla porta della classe coi lucciconi agli occhi, come raccontano le in-segnanti.
LINGUA E RADICI. Un corso un po’ speciale, nato da un progetto particolare. “Sentivamo la necessità di far riavvicinare i nostri bambini alla loro lingua d’origine e alle loro radici – spiega Aouatif, responsabile della scuola e insegnante, assieme ad altre tre donne e a un uomo, tutti laureati nel loro paese d’origine, in diverse materie, dalle lingue alle scienze politiche – abbiamo cominciato l’anno scorso, grazie alla disponibilità della casa del popolo che ci ha permesso di usufruire di questo locale: c’erano sì e no dieci bambini, ora sono più di quaranta. Prima – continua – facevamo lezione il martedì e il giovedì, poi ci siamo resi conto che i bambini erano troppo stanchi dalla scuola e abbiamo deciso di svolgere il corso di sabato”. Bambini di varie nazionalità, marocchini, tunisini, algerini, egiziani, senegalesi e di molti altri paesi, affollano la classe mentre fuori li aspettano le loro mamme, che ormai hanno socializzato.
MAMME. “È un momento di incontro anche per loro: per questo abbiamo organizzato dei corsi di alfabetizzazione rivolti alle mamme e vorremmo proseguire il nostro progetto anche con laboratori di artigianato o di cucito, per far conoscere le nostre tradizioni e permettere alle nostre donne di fare pratica e acquisire nuove professionalità”, prosegue Aouatif. Tante le idee, poche purtroppo le risorse, anche se un aiuto è arrivato dalla Regione Toscana, che ha messo a loro disposizione un contributo straordinario per far fronte agli arredi. “State facendo qualcosa di grande – ha detto loro Stella Targetti, vicepresidente della Regione con delega all’istruzione – avete iniziato a riempire un vuoto che è dei vostri figli, ma che è anche dei nostri, dato che i corsi sono aperti anche ai bambini italiani: conoscere le lingue è presupposto fondamentale per essere liberi. Questi bambini sono nati nel nostro Paese, ma non hanno la cittadinanza italiana. Sono, come gli altri bimbi stranieri nati qui, in una situazione paradossale e inaccettabile. Il messaggio che vogliamo mandare ancora una volta è che chi nasce in Italia è italiano e deve essere riconosciuto come tale”.