domenica, 24 Novembre 2024
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Violenza di genere, l’altra pandemia. Anche a Firenze

Tra le mura di casa e in strada, il lockdown ha isolato le donne vittime di abusi. Cosa si è fatto a Firenze

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Da un anno la pandemia ha cambiato le nostre abitudini e la nostra socialità. Il lockdown, il distanziamento e l’isolamento hanno avuto un impatto forte soprattutto sulle situazioni di vulnerabilità. Compresa la violenza di genere, anche a Firenze. I numeri del 2020 direbbero che i casi di violenza siano diminuiti: in realtà non c’è stata nessuna diminuzione, anzi. Nel Dodicesimo rapporto sulla violenza di genere in Toscana, a cura della Regione e dell’Osservatorio regionale sociale, la violenza e il maltrattamento vengono descritti come fenomeni resi molto più sfaccettati che in passato proprio dagli effetti della convivenza forzata.

Violenza sulle donne e violenza di genere a Firenze: aumentano le richieste di aiuto

Fin dai primi mesi di pandemia i Centri antiviolenza (Cav) sono stati coinvolti per individuare percorsi alternativi e soluzioni alloggiative che garantissero sia l’allontanamento dalla violenza che la prevenzione del rischio sanitario. Inoltre, a fronte di un numero crescente di contatti telefonici – sia per denunce che richieste di aiuto – i Cav hanno riorganizzato i loro servizi per poter offrire sostegno anche da remoto.

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Così come si sono adeguati, non senza difficoltà, altri attori del territorio per garantire servizi a distanza. Lo sportello Informa donna del Comune di Firenze, specializzato nell’orientamento e nell’inserimento lavorativo femminile, è rimasto attivo da remoto da marzo a luglio e in presenza da settembre, riuscendo ad assicurare 148 consulenze. Un numero al ribasso, che risente delle difficoltà di accesso al digitale e del radicale cambio dell’equilibrio tra tempo lavorativo e tempo di cura nei nuclei familiari.

Pop work, una mensa sociale per le persone in difficoltà

La stessa tendenza in flessione evidenziata anche dalla cooperativa Cat, specialmente per i servizi offerti dall’Area immigrazione che in questo caso risentono anche delle difficoltà legate alle barriere linguistiche delle lavoratrici straniere. Quello della prostituzione è l’altro fronte caldo di questi mesi per quanto riguarda la violenza di genere e non solo. Anche in questo caso Cat interviene attraverso le Unità di strada, attive nella prevenzione e riduzione del danno della prostituzione sia libera che forzata e che hanno evidenziato un mutamento della geografia del fenomeno.

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L’isolamento ha infatti allontanato lavoratrici e clienti dalle strade, con un conseguente aumento del rischio di violenza e di contagio. Per rispondere alle nuove fragilità si è rafforzato il sostegno telefonico, invitando i sex worker a vendere le prestazioni al telefono, e organizzato progetti di sostegno alimentare. Insieme ad altre associazioni di volontariato, Cat ha attivato il progetto Pop Wok, una mensa sociale per sex worker in difficoltà, soprattutto transessuali, maggiormente vittime di aggressioni e molestie in questo periodo. Un servizio che si è affiancato alla distribuzione di pacchi alimentari e buoni spesa del Comune. La progressiva uscita dall’emergenza ha permesso di tornare gradualmente ai servizi in presenza. Riportando almeno anche un po’ sostegno umano diretto.

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