In queste ore arrivano dal Tibet e dall’India notizie preoccupanti, l’esercito cinese ha circondato i tre piu’ grandi monasteri di Lhasa, la capitale del Tibet, dove da giorni i monaci protestano in occasione del cinquantesimo anniversario della rivolta contro l’occupazione cinese. Anche a Dharamsala, città dell’India settentrionale, divenuta la capitale del governo tibetano in esilio, e meta di numerosi profughi tibetani, si vivono ore di tensioni a causa degli arresti e della detenzione di oltre 100 dei partecipanti alla “Marcia fino in Tibet”.
Alla Marcia partecipano due fiorentini Matteo Mecacci e Marco Perduca, rappresentanti all’Onu del Partito Radicale Transnazionale, che dal 10 marzo si trovano in India e che stanno seguendo gli sviluppi dell’iniziativa nonviolenta. Obiettivo della marcia, che durerà sei mesi, è quello di giungere al confine con la Cina nella prossima estate, per ottenere dalle autorità cinesi, nell’anno delle Olimpiadi, la riapertura del confine e il riconoscimento della libertà di movimento.
Matteo Mecacci e Marco Perduca, candidato in Toscana alle prossime elezioni al senato nelle file del Partito Democratico, che si trovano ancora in India, hanno aderito allo sciopero della fame iniziato dalle monache e dai monaci tibetani condannati a 14 giorni di fermo per essersi rifiutati di firmare un impegno a non proseguire la marcia, e che rischiano fino a 5 anni di carcere in base ad una legge che regola la presenza degli stranieri in India.
In collegamento da Dharamsala hanno dichiarato che la loro presenza rappresenta “il sostegno alla lotta dei tibetani per la democrazia, in Cina innanzitutto, perchè il riconoscimento ed il rispetto dei diritti umani in Tibet passa attraverso il riconoscimento ed il rispetto dei diritti umani dei cittadini cinesi”.