“Voglio provarci qui”. Altro che “in fuga”, lei è un cervello rimasto in patria. Con orgoglio. Lisa Gucciarelli, 32 anni, alle spalle una laurea in Progettazione e gestione di eventi, di varcare il confine non ne vuole sentir parlare. La sua sfida è a Firenze.
“Sarà per il campanilismo toscano”, si giustifica con un sorriso. Dice: “in passato ho lavorato sei mesi a Edimburgo, ma sono tornata in Italia con la volontà di rimanere e costruire qualcosa di concreto”.
Lisa, la sorella Sara, ingegnere 25enne, e un’altra Sara (Campani), 28 anni professionista del marketing, hanno creato Buru Buru, un sito di e-commerce che promuove piccole realtà artigianali e giovani designer.
Idea di successo
Nata nel dicembre 2012, in 2 anni e mezzo la società ha quadruplicato il fatturato, oggi raccoglie 250 fornitori (in principio erano cinque volte meno) e figura nell’elenco delle start-up innovative italiane. Dopo essere passata dall’Incubatore tecnologico fiorentino, nell’aprile 2013 la baby-azienda è finita nell’orbita di Nana Bianca, l’acceleratore di imprese che l’ex numero uno di Dada, Paolo Barberis, ha fondato a Firenze per dare una spinta alle nuove realtà 2.0.
Il team
“All’inizio era una pazzia, c’è voluto tanto impegno ma ora riusciamo a garantire uno stipendio alle persone che lavorano dietro a questo progetto”, racconta fiera Lisa. Adesso sono arrivati giovani rinforzi: Paolo, l’unico uomo, è un grafico 24enne specializzato nel campo del web; Ambra, 29 anni, è la programmatrice di Buru Buru; Benedetta, ex stagista adesso “di ruolo”, cura i social e le relazioni con i fornitori esteri, in maggior parte spagnoli e inglesi.
Una sfida a Firenze
“Certo non siamo la General Electric – prosegue Lisa – non possiamo garantire un contratto a tempo indeterminato sicuro. È una scommessa, ma c’è anche grande soddisfazione nel creare un lavoro che ti piace”. È stato il precariato a far scattare la molla per tirare su un’impresa dal nulla. “Io e mia sorella eravamo stanche di passare da un contratto all’altro, senza tutele e poco soddisfatte delle occupazioni che svolgevamo – ricorda – avevamo bisogno di creare qualcosa di nostro”.
Il team di Buru Buru
Le difficoltà per chi si reinventa imprenditore
Un cammino non sempre così liscio: dal primo impatto con la burocrazia alla ricerca di risorse, gli ostacoli sono dietro l’angolo. “In Italia non è semplice trovare qualcuno che creda nella tua idea – ammette – sia a livello di investimenti sia per quanto riguarda collaboratori pronti a imbarcarsi in una nuova avventura come questa. Noi siamo state fortunate”. Per Lisa, però, la difficoltà più grande è stata un’altra, “raccogliere il coraggio per lasciare il percorso canonico: mi laureo, mando il curriculum, trovo un’azienda che mi dà un posto e uno stipendio ogni mese”.
“Non chiamatemi Ad”
Nel 2013 Buru Buru ha fatto il grande passo: da ditta individuale è diventata una srl, anche se le tre fondatrici ancora sembrano non averci fatto la bocca. “Ci sentiamo strane a parlare di presidente e amministratore delegato”, confessa Lisa, proprio lei che in Buru Buru è l’ad.