Quella risposta che arriva dalle città
Il problema con la lotta al cambiamento climatico è che sappiamo riconoscere il nemico da combattere ma è più difficile farsi un’idea precisa su chi siano invece i suoi oppositori, sul come e quando (e sul se?) abbiano effettivamente intenzione di affrontare la battaglia. Di fronte a un fenomeno che ha già cambiato la storia del pianeta, le grandi organizzazioni internazionali si sono trovate unite nei proclami e spesso divise sulle azioni da intraprendere.
I grandi accordi siglati sul tema – come furono il Protocollo di Kyoto e il successivo Accordo di Parigi (con le loro alterne fortune) – fissano degli obiettivi e danno un arco temporale di venti o cinquant’anni per raggiungerli. Il problema è che bisogna fare qualcosa subito, perché è già tardi. Sul campo di battaglia sono comparsi due soggetti nuovi che, dal basso, provano a rimediare alla scarsa determinazione che si registra in alto. I movimenti spontanei dei Fridays for Future, che hanno trovato in Greta Thunberg l’interprete dell’inquietudine di tutta una generazione sensibile al tema come non lo sono state le precedenti. E le città, nella loro – pur limitata – autonomia. Le città in cui vivono tre europei su quattro, impazienti di uscire dal ruolo di gestori delle emergenze di cui sono le prime a pagare i danni e più risolute delle istituzioni centrali nel mettere in pratica misure d’impatto che incrementino la loro “resilienza”, termine abusatissimo ma che, in ecologia, conserva il suo senso compiuto.
Stefano Mancuso è un neurobiologo che vive e lavora a Firenze. Negli ultimi anni ha affascinato il mondo intero con i suoi studi sulle piante. La sua scienza è un mezzo per capire il mondo in cui siamo e immaginarne uno nuovo. La usa al modo dei grandi intellettuali, per spiegare e per sognare. Uno dei suoi sogni è per Firenze: fare di questa città un laboratorio verde. Lo abbiamo intervistato (a pagina 4) per capire quello che ha in mente. Dar credito a questo sogno riconoscendo a lui e al suo team anche un ruolo istituzionale non sarebbe un atto di coraggio, ma di responsabilità. Qualche numero: nei primi 18 anni del nuovo millennio, la temperatura media registrata a Firenze è stata di 1,2° C più alta rispetto alla media dell’intero secolo scorso.
Gli anni più caldi dal 1900 a oggi sono stati, in ordine: 2014, 2015, 2018, 2009 e 2016*. Con il 2019 che sembra avere le carte in regola – si fa per dire – per batterli tutti. Serve un nuovo stile di vita. Servono più alberi e piante, anche nei centri urbani. Servono mobilità elettrica e nuove abitudini alimentari. È questione di salute pubblica, giustizia sociale e, prima ancora, di sopravvivenza. Potrebbe non bastare, anzi, questo da solo non basterà. Ma l’onda verde è partita e Firenze non deve perderla.
Andrea Tani
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