sabato, 21 Dicembre 2024
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“Andature II” in mostra al Museo Marino Marini

Pillole di curiosità e informazioni utili per visitare "Andature II": Elisabetta di Maggio e Sophie Ko finalmente in mostra al Museo Marino Marini di Firenze fino al 24 ottobre 2022

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Il tempo e il suo indelebile flusso, tra confronti e similitudini: questo, in sintesi, il filo conduttore dell’edizione 2022 della mostra Andature II, con opere di Elisabetta di Maggio e Sophie Ko, visitabile al Museo Marino Marini fino al 24 ottobre 2022. Il progetto, inserito nel cartellone della Florence Art Week, è a cura di Marcella Cangioli e Antonella Nicola, in collaborazione con l’Associazione Culturale Città Nascosta e il Museo Marino Marini ed è realizzato grazie al contributo di Fondazione CR Firenze.

“In continuità con l’edizione precedente – dichiarano le curatrici Marcella Cangioli e Antonella Nicola – Andature prosegue la riflessione sul nostro essere e stare nel mondo, esseri complessi in continua trasformazione, in una realtà multidimensionale che non può non tenere conto del legame inscindibile che unisce l’Uomo alla Natura, ma anche alle leggi e ai processi evolutivi dell’Universo. Scienza, cosmologia, macro e microcosmo, ecologia, natura e ritmi biologici, dinamiche di confronto e di relazione, sono questi i temi che scandiscono il cammino dell’uomo lungo la strada della sua evoluzione e che caratterizzano questo progetto definito proprio dal passo, dall’ANDATURA dell’artista, singolarmente o congiuntamente”.

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La mostra è visitabile dal sabato al lunedì dalle ore 10:00 alle 19:00, con l’ultimo ingresso alle ore 18:30. Per l’occasione, alcune opere delle due artiste saranno esposte anche al piano terra dell’Hotel Savoy, a Firenze, in piazza della Repubblica. L’esposizione è corredata da un catalogo con un saggio critico di Francesco Guzzetti e con le fotografie di Serge Domingie. Andature II è realizzata con il sostegno e la collaborazione delle gallerie di riferimento delle artiste: Building Milano, Galleria De Foscherari, Bologna, Renata Fabbri Arte Contemporanea Milano, Christian Stein, Milano.

Il processo creativo e le opere di Elisabetta di Maggio in mostra

Elisabetta di Maggio, milanese classe 1964, vive e lavora a Venezia. Il suo lavoro pone al centro la tematica del tempo inteso come “tempo della vita” e “tempo del fare“, che spesso coincidono perché parte di un medesimo progetto esistenziale. Nelle sue opere cerca di mettere in luce quelli che per lei sono i due elementi salienti della vita: le reti di comunicazioni necessarie a trasmettere informazioni e il tempo necessario affinché questo passaggio abbia luogo.

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Trame, circuiti, griglie, strutture e reticoli diventano quindi parte attiva dei suoi capolavori: nonostante appartengano a differenti mondi, fanno parte della nostra quotidianità, in cui investiamo del tempo. L’artista “prende in prestito” i suoi soggetti dal mondo reale, partendo da illustrazioni antropologiche, botaniche, urbanistiche; ma anche da ricami e disegni di tappezzerie e arazzi. In questo processo creativo gioca un ruolo fondamentale il gesto manuale, capace di coniugare insieme la tradizione artigiana, che ha contribuito a rendere unici molti luoghi, con il tempo lungo di realizzazione, che per lei diventa una condizione imprescindibile e concettuale.

Il metodo di lavoro consiste nel tagliare differenti materiali usando affilati bisturi da chirurgo: da grandi fogli di carta velina, passa a foglie di vegetali piccoli o enormi, saponi, porcellana e altre superfici, incluso l’intonaco dei muri. Trascorre ore a sezionare questi materiali e il risultato sono opere che ci restituiscono non solo il senso del tempo, ma che possono essere anche accomunati da un tema unitario: quali forme assume la natura nel suo dilatarsi e organizzarsi.

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Ecco che nelle opere in mostra al Museo Marino Marini, Elisabetta di Maggio attraversa, mediante linee rette e curve, una cartografia errante tra materiali diversi: dal sapone inciso, come in Fez 2013, fino a elementi vegetali, foglie, rami e fiori “ricamati”, come nei Vuoto d’aria # 1, #2 #3 (2021), dove l’artista immagina nuovi paesaggi dal fragile equilibrio ma dalla forte tensione interna. Da non perdere è anche Traiettoria di Volo di Farfalla #08, 2017, opera in cui gli spilli disegnano il volo incerto e quasi mai rettilineo delle farfalle, dovuto agli spostamenti d’ariaE ancora i francobolli, le metafore di storie vissute e attese, che compongono, in una complessa e articolata ricostruzione, Senza Titolo 2019, un meraviglioso e prezioso mosaico.

L’arte di Sophie Ko al Museo Marino Marini

Sophie Ko, georgiana classe 1981, vive e lavora a Milano. L’artista pone al centro dei suoi lavori la questione del tempo istituendo una forte relazione simbolica tra i materiali utilizzati, per lo più ceneri di immagini bruciate e pigmenti puri, e le immagini create. Il mutamento e l’instabilità dei materiali in relazione allo scorrere del tempo sono alcune delle costanti della sua ricerca artistica. Un’altra componente essenziale delle sue “geografie temporali” è la forza di gravità che opera sulla e con la materia del quadro, la cenere. Con il passare del tempo infatti, la composizione del quadro cambia: la cenere cade e il tempo, grazie alla forza di gravità, segna il suo passaggio. Le “geografie temporali” possono così essere concepite come disegni del tempo che si insediano in un luogo, immagini spaziali.

Sophie Ko Museo Marino Marini
Sophie Ko, Atlanti, 2020 Museo Marino Marini. Foto Serge Dominge

Nelle opere in mostra al Museo Marino Marini, Sophie Ko costruisce quindi mappe cromatiche informi usando pigmenti puri, ceneri ottenute bruciando immagini di opere d’arte che, raccolte in teche di vetro e poste verticalmente, si modificano con lo scorrere del tempo come si vede in Geografie Temporali. Atti di Resistenza o Geografie temporaliLe Ceneri della Storia 2020. La posizione verticale dell’opera fa sì che la gravità spinga la materia verso terra. Ecco che, in questo senso, ogni Geografia temporale è un segnatempo, un orologio a polvere. La cornice delimita lo spazio dell’immagine di cenere, come le ampolle della clessidra definiscono lo spazio del tempo misurabile. Il disegno nel quadro cambia, le immagini vivono nel tempo, ne sono testimoni, scompaiono e ritornano. Talvolta l’artista inserisce elementi come fiori o farfalle, come si vede in Geografie TemporaliVanitas della Terra, 2020, richiamando l’aspirazione metafisica, attraverso cangiantismi e sfavillii dorati degli antichi maestri.

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