martedì, 8 Ottobre 2024
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Fantasia in Convento

Fantasia in convento

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Questa singolare esposizione  intende diffondere la conoscenza e risvegliare la sensibilità per un settore di oggetti poveri per materiali, ma ricchi per estro e fantasia, completamente ignorati e pertanto privi di tutela, con il rischio della perdita totale di una parte importante del nostro patrimonio storico e artistico. L’esposizione invita il visitatore a penetrare all’interno dei conventi di clausura, dove le monache e, talvolta anche i frati, eseguivano lavori di grande abilità virtuosistica con pazienza e disciplina, seguendo un percorso di devozione e fede, teso alla santità. La mostra si articola in tre sezioni.

La prima è dedicata ai papiers roulés italiani, lavori di strisce di carta dorata o colorata eseguiti con particolari strumenti, che incorniciano immagini sacre, incise o dipinte o Agnus Dei, ovali formati dalla cera del cero pasquale dell’anno precedente, provenienti dalle basiliche romane.

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La seconda sezione espone esemplari di paste di reliquie, stucchi particolari, formati da una farina delle ossa dei santi martiri provenienti dalle catacombe romane, tritate con aggiunta di un legante e versati poi in una matrice per creare figure e rilievi con immagini e scene sacre dipinte con colori smaglianti e ornate di materie vitree luccicanti, trasformando manufatti di natura quasi macabra in oggetti allegri e gioiosi.

La terza sezione presenta esemplari in papiers roulés e paste di reliquie di altri paesi, soprattutto francesi e tedeschi, che non solo testimoniano la diffusione di questi oggetti in conventi europei (Carmelitane, Orsoline, Visitandine), realizzati con un gusto diverso, ma anche l’esecuzione da parte di monaci come il professo Gayot della Certosa di Villeneuve-lès-Avignon, che firma il Reliquiario di San Bruno, datandolo 1711. Il confronto con opere coeve in argento (medaglioni battesimali, reliquiari), in legno intagliato (tabernacolo delle reliquie della Collegiata di Empoli), tessuti ricamati (paliotto di Santo Stefano al Ponte), stabilisce un dialogo tra questi oggetti in materiali poveri e quelli in materiali nobili, mostrandoci opere realizzate con lo stesso gusto e nello stesso stile che raggiungono pari dignità artistica.

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