giovedì, 16 Gennaio 2025
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Gli arazzi tornano nel salone de’ Dugento. Grazie a Gucci

Dopo essere stati trent'anni nel laboratorio dell'Opificio delle pietre dure - all'ultimo piano di Palazzo Vecchio - la collezione di dieci arazzi dedicati alle storie di Giuseppe ebreo torna nel Salone dei Dugento.

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Ci sono voluti trenta anni e un numero infinito di ore di lavoro, ma alla fine il ciclo di arazzi cinquecenteschi (realizzati dai fiamminghi Jan Rost e Nicolas Karches su cartoni di Bronzino, Pontormo e Francesco Salviati) di proprietà del comune di Firenze che riproducoono le “Storie di Giuseppe ebreo”, sono tornati alla loro bellezza originale.

Il restauro degli arazzi

All'intervento, che è stato portato a termine dall'equipe di restauratori dell'Opificio delle pietre dure che lavora nel laboratorio della sala delle bandiere, all'ultimo piano di Palazzo Vecchio, hanno contribuito l'Ente cassa di Risparmio di Firenze, la cassa di risparmio di Firenze e in ultima battuta la maison Gucci, che ha destinato il 50% degli incassi del vicino museo, con sede nel palazzo della mercanzia, al ripristino di alcune opere fiorentine e che ha contribuito con 340mila euro all'operazione arazzi.

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Dieci capolavori a rotazione

I dieci capolavori non verranno però esposti all'unisono, “sono opere d'arte molto delicate” , spiega il soprintendente dell'Opificio Marco Ciatti, che ha presentato la conslusione dell'intervento insieme al sindaco dario Nardella, alla soprintendente al polo museale Cristina Acidini e executive vice presidente di Gucci Micaela le Divelec Lemmi. “Ma soprattutto – aggiunge Ciatti – non erano fatti per stare costantemenete attaccati alle pareti. Erano destinati ad essere esposti per un periodo, magari in occasioni importanti, proprio in virtù della loro fragilità”.

Rari e molto delicati

In sostanza verranno esposti uno alla volta, con “turni” di qualche mese ciascuno, e poi riposti con cura nella sala delle bandiere. L'idea iniziale, ancora lla studio dei tecnici, era di esporne due alla volta, ma “ognuno di loro è talmente bello e importante – ha detto la soprintendente Acidini – che rischierebbero di rubarsi la scena l'uno con l'altro”.

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La grandezza di un capolavoro

Il primo ad essere messo in mostra è “L'incontro di Giuseppe con il padre”, un capolavoro di quasi 26 metri quadrati (5,70 di altezza per 4 metri e cinquanta di larghezza), per restaurare il quale ci sono voluti tre anni e 16mila ore di lavoro.

 

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