venerdì, 22 Novembre 2024
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Alexander Pereira: “Il mio Maggio musicale farà felici i fiorentini”

Il sovrintendente del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino racconta progetti e auspici per il prossimo futuro: “Sconfiggiamo la paura con l’arte. Insieme faremo grande il Maggio”

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Il piccolo Alexander Pereira, nella Vienna degli anni Cinquanta, sognava di fare il cantante lirico. Ma non tutti i sogni si realizzano proprio così come nascono. Diventato grande, Alexander Pereira è finito sì per lavorare con la musica, sua grande passione, e con i più grandi cantanti lirici, musicisti e direttori d’orchestra del globo, ora come sovrintendente del Teatro del Maggio. Ma in maniera diversa. “Ho capito che il mio destino non era quello di fare il cantante ma di capire il canto, essere in grado di riconoscere i talenti e fare in modo che venissero valorizzati”.

Talent scout prima ancora che manager culturale, nel suo passato ci sono incarichi da Sovrintendente dell’Opera di Zurigo e del Teatro alla Scala, da segretario generale della Wiener Konzerthaus e del Festival di Salisburgo. L’attuale sovrintendente del Teatro del Maggio, arrivato a Firenze nel dicembre dello scorso anno, ha fatto appena in tempo ad ambientarsi nel suo ufficio fiorentino e a presentare al pubblico e agli abbonati le sue intenzioni, che il teatro ha dovuto chiudere i battenti a causa dell’emergenza coronavirus. A distanza di mesi e con una nuova e ricca stagione in partenza, Pereira si prepara a fare davvero i conti con la città del Maggio.

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Sovrintendente, la musica è un linguaggio universale che non conosce confini: può, in questo momento difficile, unire le persone?

L’arte in generale, e la musica specialmente, ha il potere di mettere insieme la gente. È una grande forza, nutrimento per la mente. Abbiamo pensato la nostra programmazione per la prossima stagione senza avere paura del Covid-19. Sappiamo che il pubblico inizialmente avrà un po’ di timore tornando a teatro ma speriamo che, rispettando le regole e garantendone la sicurezza, questa paura passi e lasci spazio al nutrimento che verrà dalla nostra proposta musicale. Lo dobbiamo sia al nostro pubblico sia ai collaboratori del teatro, all’orchestra, al coro, alle maestranze. Anche loro hanno bisogno di tornare a fare musica. Dobbiamo tornare a far rivivere il teatro insieme.

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Teatro del Maggio
© Michele Monasta

Pereira, lei è stato più volte “rimproverato” per la politica di prezzi troppo audace per una città come Firenze…

All’inizio è stato così, ma credo che a guardare i prezzi adesso ci si trovi di fronte a delle tariffe normali, abbordabili per un’offerta di qualità. Non c’è niente di scandaloso, mi sento in linea con le offerte degli anni precedenti. Spero che il pubblico reagisca positivamente, dando supporto al teatro. È un momento molto sfidante e il teatro crede in un approccio che mira a portare in città il meglio dell’offerta a livello mondiale.

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Cosa dovrebbe fare il Governo per aiutare il settore dello spettacolo a rialzarsi dopo il fermo forzato di questi mesi?

Abbiamo la necessità e il compito di aiutarci da soli. Siamo felici di essere ascoltati dalla politica, ma allo stesso tempo siamo qui per aiutare quella classe politica. Dobbiamo dare il nostro contributo alla ripartenza del Paese, non possiamo aspettare solo che qualcun altro lo faccia al posto nostro.

Cosa farà per coinvolgere la città e convincere i giovani a tornare nel “loro” teatro?

Questo nuovo teatro è molto bello ma completo solo per l’80%. I fiorentini non lo hanno mai accettato fino in fondo. Quest’estate abbiamo riaperto la cavea, un luogo magnifico con un’acustica straordinaria, che non veniva utilizzato dal 2014. Ora vogliamo riuscire a terminare anche il resto del complesso: prosegue il cantiere per il completamento dell’auditorium per i concerti e ci piacerebbe andare avanti con i restanti progetti pianificati, come quello di realizzare un ristorante. L’obiettivo è trasformare questo teatro in un luogo di incontro e cuore pulsante dell’area. È un lavoro molto intenso, per realizzare il quale occorrerà del tempo, ma è uno dei miei obiettivi.

Zubin Mehta, direttore onorario a vita del Teatro del Maggio, sarà molto presente nella stagione che sta per iniziare e nel festival che la seguirà.

Sono molto felice. Una figura paterna come il Maestro Mehta, tanto amato dal pubblico e dalla città di Firenze, è un grande sostegno. E poi ci sarà Riccardo Muti, anche lui affezionatissimo al Maggio (è stato direttore principale dell’Orchestra del Maggio dal 1969 al 1981, ndr) che sarà una presenza assidua nei mesi a venire.

Alexander Pereira
© Michele Monasta

Si è più volte parlato di “piegare” il Teatro del Maggio a collaborazioni più pop, usando la cavea per concerti rock o contaminazioni tra generi musicali diversi. Cosa ne pensa?

Sono d’accordo. La cavea non è solamente per noi. Noi gestiremo lo spazio ma non voglio essere il sovrintendente della cavea. Deve essere un posto dove anche altri possono realizzare i loro sogni.

Una delle cifre stilistiche del Teatro del Maggio è sempre stata la collaborazione con grandi artisti: basti pensarealle scenografie, ai bozzetti e ai modellini firmati da Giorgio de Chirico, Gino Severini, Derek Jarman, Bob Wilson, Giacomo Manzù. Proprio col Lohengrin firmato da Bob Wilson lei inaugurò la sua direzione della Zurich Opera house. C’è un artista contemporaneo che stima e con il quale le piacerebbe lavorare?

È un aspetto su cui mi piacerebbe molto lavorare, in linea con il passato. Per la primavera 2020 il  Maggio aveva un progetto molto bello con Marina Abramović, ma abbiamo dovuto accantonarlo per ora a causa dell’emergenza Covid. L’idea di coinvolgere grandi artisti è molto bella e mi piacerebbe perseguirla.

Come si immagina il Maggio da qui a cinque anni?

Non sono io a doverlo immaginare ma i frequentatori del teatro. Il mio unico auspicio è di renderli felici.

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