venerdì, 15 Novembre 2024
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Le Oblate si tingono di giallo, con Marco Vichi / INTERVISTA

Lo scrittore fiorentino Marco Vichi, reduce dal successo in Inghilterra e America ha presentato alla biblioteca delle Oblate la sua ultima opera, ''La forza del destino''. LEGGI L'INTERVISTA

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Lo scrittore fiorentino Marco Vichi, reduce dal successo in Inghilterra e America con i propri romanzi polizieschi, ha presentato alla biblioteca delle Oblate la sua ultima opera, ”La forza del destino” (Guanda ed.). Protagonista l’ormai celebre commissario Bordelli, che questa volta dovrà affrontare l’avventura più difficile della sua vita nella Firenze del 1967.

Da cosa è nata la sua passione per il genere poliziesco?

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Non sono un appassionato del genere poliziesco, non leggo neanche gialli. Ho cercato di portare questo genere al romanzo, che è il mio campo, facendo quindi un percorso inverso. Punto a parlare dell’uomo, a caricare di ricchezza i miei personaggi fino a renderli reali, inserendoli nel contesto del poliziesco.

Molti hanno paragonato il suo commissario Bordelli a Montalbano. Se le proponessero una fiction, accetterebbe?

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Rispettando lo spirito dell’epoca in cui sono ambientati i miei romanzi e le caratteristiche dei personaggi sì. La televisione è spesso un ‘mostro’ che trasforma le cose pensando solo a ciò che sicuramente piace al pubblico, mentre questo ama rispecchiarsi nei personaggi e vederne anche il lato caratteriale: si può mettere in scena un poliziesco non concentrandosi solo ed esclusivamente sulla trama, ma sui protagonisti e sulla loro psicologia. Si deve puntare sulla qualità, scegliendo ottimi sceneggiatori, registi e attori.

Lunedì nella ‘sua’ Firenze hanno perso la vita due ragazzi senegalesi per mano di Gianluca Casseri. Secondo lei Firenze è una città razzista o vittima del razzismo?

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Questo è un triste episodio che non si può e non si deve identificare con il luogo in cui è avvenuto. Il folle che ha sparato e poi si è ucciso era solo. Firenze non è una città facile per chi viene da fuori, è difficile ambientarsi anche per altri italiani, ma da qui a dire che è una città razzista no, perché non è mai stato piantato quel seme che genera razzismo in queste terre. E la risposta di solidarietà della città tutta, delle attività commerciali che sono rimaste chiuse per solidarietà alle vittime con i banchi di San Lorenzo ne sono la dimostrazione.

Firenze da alcuni anni sta vivendo una sorta di evoluzione, culturale e a livello di infrastrutture: tramvia, alta velocità, il nuovo teatro del Maggio Musicale. Come se la immagina tra trent’anni?

I cambiamenti che ci saranno sono imprevedibili: 30 anni fa non si sarebbe immaginato che sarebbe stata come si presenta oggi. Spero che diventi una città moderna, che rimanga affezionata al passato, ma che non si venda solo per i vecchi ninnoli e soprattutto che sappia tenersi i fiorentini e la loro arte. Si deve fare qualcosa per essere di nuovo un centro culturale fiorente, dove crescere e poter rimanere a coltivare il proprio lavoro, non dove iniziare qualcosa e portarlo poi fuori dalla città e dall’Italia.

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