Appartengono ad un arco di tempo molto lungo, dal 1975 ad oggi: sono appunti di vita, emozioni, sensazioni scritte in versi, tutti ben nascosti – forse per riservatezza – e conservati gelosamente fino a decidere che fosse finalmente arrivato il momento di condividerli.
“Mille millepiedi in fila” questo è il titolo del volume che contiene le 125 poesie di Paolo Zampini, direttore del Conservatorio Cherubini di Firenze. Con questo libro fresco di stampa ed edito da Pagliai Editore per la collana “Dalla stanza 22”, il direttore-musicista questa volta non si presenta alla consueta platea di “spettatori” per far ascoltare le note del suo flauto, ma ai lettori, che in maniera altrettanto coinvolgente, potranno scorrere questi versi poetici.
Il recente lockdown con il Conservatorio chiuso e le date dei concerti azzerate, è stata l’occasione che ha consentito a Zampini di trovare finalmente il tempo per riaprire cassetti, riordinare quaderni, rileggere le annotazioni fatte negli anni. Da questo paziente lavoro sono riemerse le molte poesie di un periodo ormai alle spalle, ma anche pensieri più recenti, riadattati ad una lettura contemporanea; riflessioni scaturite nei decenni trascorsi che poi lo stesso autore ha tramutato in versi.
Quando ha deciso che fosse arrivato il momento di raccoglierle in una pubblicazione?
C’era stato già un “preludio” con il Festival Diffrazioni 2019 tenutosi al Cherubini in collaborazione con le Murate Art District e la Basilica di San Miniato al Monte; nei due concerti si era presentata l’occasione di proporre alcune poesie durante lo spettacolo multimediale che comprendeva musica, immagini ed anche recitazione. Da lì nacque l’idea di stampare alcuni dei miei versi su uno spartito musicale; nel settembre 2019 poi, per l’inaugurazione della mostra di Andrea Dami al museo di Arte Contemporanea di Monsummano Terme (lo spettacolo prevedeva una performance di Live Electronic, flauto e prosa NDR) furono letti anche alcuni dei miei componimenti in versi. Infine, spinto e incoraggiato dalle persone e dagli amici alle quali avevo fatto leggere un primo progetto di pubblicazione, dopo una lunga gestazione mi sono deciso ad andare in stampa.
Quale significato racchiudono il titolo ed i graffiti presenti sulla copertina?
Il titolo, con mia grande soddisfazione, l’ha individuato l’editore stesso traendolo da alcuni versi di un piccolo trittico di poesie che evoca il concetto che da tutto si rigenera il tutto: come un rivolo che crea un mare di cose ma che poi è destinato a ritornare ad essere rivolo.
Il disegno di copertina fa parte di alcune Tavole sonore che ho realizzato per una mostra di Antonio Frintino, immaginando che la scrittura musicale potesse evolversi in un altro modo. Sono segni buttati giù in modo casuale rispettando solo un’idea di pentagramma. Tuttavia dimostrano che la musica è anche dentro l’arte, dentro ad un segno: per me è stato come mischiare la mia sinestesia alle note musicali.
Alcune poesie sono molto brevi, altre più lunghe quasi dei piccoli racconti…
Molte sono immagini che mi riportano a determinati pensieri che poi si legano ad altri significati da esternare poeticamente. Alcune sono legate alla natura ed al silenzio, perché nel silenzio la visione della natura è più profonda; vi si percepisce la successione delle stagioni, il ciclo della vita, un riferimento ai vari periodi vissuti, ed ancora al fatto che, nonostante siano tante le stagioni ormai passate, ci sia un pensiero unico che parte da molto lontano. E poi l’amore e la morte, un dualismo eterno. Anche se la raccolta abbraccia un periodo abbastanza definito, circa gli anni ’70, mi piace dire che la prima poesia la scrissi a otto anni ed il mio pensiero era già molto simile a quello che mi accompagna oggi, cioè estremamente malinconico.
Quale delle due forme espressive che la contraddistinguono è nata prima?
La passione per la scrittura e per la musica sono nate contemporaneamente. Sono due forme espressive che mi sono sempre state care. Nella vita ho avuto costantemente il bisogno viscerale di ascoltare musica, leggere, scrivere, suonare. Poi ho percepito la necessità di esprimermi al di là delle competenze e degli studi seguiti (io non sono né un compositore, né uno scrittore). Sono moti che mi vengono spontanei e, in questo caso, finalmente li ho potuti “indirizzare” verso qualcosa di compiuto.
Seguiranno altre pubblicazioni?
Devo dire che l’uscita di questo libro per me ha rappresentato una vera liberazione. Sapevo dentro di me di aver accumulato molto materiale che sentivo la necessità di “archiviare”, di volerlo rendere libero di andare… Penso che, con questa pubblicazione, abbia raggiunto il mio intento. Adesso sento di poter scrivere altro, probabilmente racconti dove comunque saranno presenti alcune delle tematiche che ricorrono nelle poesie.
Mille millepiedi in fila, Paola Zampini
Edizioni Polistampa
In libreria e su www.leonardolibri.com
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