“Razzanelli, pur con tutti i suoi difetti caratteriali, è uno che sa raccogliere il consenso”, continua Conti. Il promotore del referendum sulla tramvia ci ha provato: ha proposto la sua candidatura, ha incontrato Pierferdinando Casini, ha smosso le acque all’interno del partito. Ma alla fine la prima scelta dell’Udc per il Senato è stato Gianfranco D’Onofrio, e Razzanelli ha rifiutato l’offerta di un secondo o terzo posto in lista. “Che peccato – ripete Gianni Conti –. Mario poteva garantirci qualcosa in più in termini di voti”.
Ma lei, da segretario fiorentino, non poteva spingere per la sua candidatura?
“Nella formazione delle liste io non ci ho messo mano. Nel bene e nel male. La verità è che ormai siamo tutti colonizzati dai partiti nazionali, noi del livello territoriale abbiamo solo il compito di segnalare”.
Sembra molto deluso e disilluso.
“Questo meccanismo elettorale è vergognoso. Comunque le liste dell’Udc sono equilibrate. Ci sono professionisti, molte donne e molti giovani: la società fiorentina e toscana è abbastanza rappresentata. Non ci sono veline né uomini d’immagine. Se fosse una squadra di calcio, direi che è una squadra operaia”.
Come vede il versante toscano della sfida elettorale?
“Al Senato per noi sarà molto dura. Per far eleggere un senatore serve l’8 per cento, praticamente un triplo salto con l’asta. Per questo avrei voluto Razzanelli come capolista. Comunque noi siamo un partito di frontiera e di cerniera, ci batteremo fino all’ultimo minuto”.
Non sperate di intercettare una parte dell’elettorato cattolico del Pd?
“Penso che prenderemo un po’ di voti dagli elettori della vecchia sinistra democristiana. Li vedo molto a disagio, da quando Veltroni ha aperto le porte ai radicali. Il problema è che noi veniamo da una mini-scissione interna, con Giovanardi e i suoi che sono entrati nel Pdl, e in Toscana i giovanardiani erano una componente importante. Sia per i numeri che per le persone, gente di spessore e intelligenza”.
Insomma non vede grandi prospettive per l’Udc fiorentina e toscana.
“Qui l’apparato post-comunista è ancora molto robusto. Più che a livello politico, qualcosa cambierà in meglio con le elezioni amministrative del 2009. Ma per il demerito di chi ha governato finora, non per merito delle opposizioni”.