Il titolo del film sembra realizzare il sogno notturno o risvegliare una fantasia nascosta di chi, lavorando faticosamente ogni giorno, si è sentito sottoposto a umiliazioni, ingiustizie o angherie di vario genere.
In realtà la pellicola originale di Seth Gordon prende il nome di Horrible Bosses.
Ma chi sono questi mostri?
Un algido Kevin Spacey è Dave Harken, capo di una compagnia finanziaria, diabolico nel motivare il personale e irridente nello schernire Nick, suo impiegato da otto anni con tenacia e notevole spirito di sacrificio. Colin Farrell, scompigliato e fuori forma, interpreta Bobby Pellit, figlio del rispettabile capo di un’azienda chimica. Dopo l’improvvisa scomparsa del padre, ne eredita la posizione e con viscida prepotenza si erge a baluardo dell’immoralità, trascorrendo il tempo fra festini di cocaina e ipotesi su come trarre profitto dal suo capitale economico ed umano, distruggendo le aspirazioni del povero contabile Kurt.
La dentista Julia Harris (Jennifer Aniston), una donna più abile nel molestare sessualmente i pazienti che curarne la carie, sfoga la propria irriducibile ninfomania tra un’anestesia e l’altra sull’assistente Nick, sottoponendolo quotidianamente a ricatti e manifeste offerte erotiche.
In piena crisi economica, stremati e sopraffatti da una condizione priva di possibilità, l’occhio di Seth Gordon offre una soluzione anarchico-surreale ai tre protagonisti e sceglie per i ruoli degli improvvisati pseudo-killers attori più conosciuti in ambito televisivo che per le loro prestazioni cinematografiche, in contrapposizione alle celebri star, specchio del potere.
Il piano sovversivo ai danni dei loro terribili aguzzini messo in scena da Nick (Jason Bateman), Kurt (Jason Sudeikis) e Dale (Charlie Day) è sorretto da una sceneggiatura a tratti divertente e continuamente stimolata da eclettiche citazioni: un gusto proprio del regista già svelato nel suo precedente Tutti insieme inevitabilmente (2008); più volte nel film, l’attore Charlie Day ricorda Law & Order (serie televisiva a cui ha partecipato) mentre scorrono sottintesi cinematografici, quali il film Sotto accusa o richiami volutamente sbagliati: Delitto per delitto con l’attore Danny De Vito, per ricordarne solo alcuni.
Tali costanti riferimenti instaurano un rapporto di gioco e partecipazione tra spettatore e personaggio che si insinua nel clima di perfetta complicità presente fra i tre amici, dilettanti allo sbaraglio assai affiatati nelle loro auto-ironiche azioni improvvisate.
Se ben tratteggiati appaiono anche i ruoli minori (Gregory, il navigatore e Fottimadre Jones) a risultare meno interessanti sono proprio i datori di lavoro, del tutto elaborati senza sforzo.
Poco aggiunge la prova di K. Spacey alla sua storica filmografia, come sembra decisamente prevedibile J.Aniston dopo pochi minuti di accademica trasgressione e se la loro evoluzione può forse compiersi in senso sociale, sembra non accadere a livello stilistico.
Se una parte del film si lascia dunque andare a momenti liberatori toccando situazioni di vera commedia, l’altra rimane bloccata in codici già visti e immaginati che restano confinati in uno schema troppo convenzionale per essere divertente.