domenica, 24 Novembre 2024
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Il ceppo (fiorentino) di Natale: come nasce la tradizione

Un'usanza popolare rimasta in vita fino al Novecento. Come si costruiva il Ceppo di Natale e a cosa serviva

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Una delle tante tradizioni della nostra austera Firenze – austera come si conviene a una città etrusca – passata di generazione in generazione e rimasta in vita fino al Novecento è, senza ombra di dubbio, il Ceppo di Natale. Una storia tutta nostrana cha ha fatto per tanti anni la felicità dei bambini e degli adulti. Quando l’inverno era già arrivato, col suo impetuoso tramontano e l’anno stava per entrare nella voragine del passato, eccoci un’altra volta alla festa del Ceppo, ossia a Natale, la ricorrenza tradizionalmente più celebrata dell’anno. Festa della famiglia.

Parola d’ordine era “Fare il giorno di notte”, cioè portare luce e calore nel cuore di tutti: Pace agli uomini di buona volontà. Consultando un qualsiasi dizionario della lingua italiana alla parola Ceppo si può leggere: grosso pezzo della parte inferiore del tronco di un albero da cui si diramano le radici, ma subito dopo viene aggiunto: che si taglia per bruciare specialmente quello che si arde nella notte di Natale. Notte di prodigi.

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Che cos’è il Ceppo di Natale

Non meravigli quindi che Ceppo sia finito per divenire sinonimo di Natale, infatti, nell’uso dei meno giovani era abitudine dire: siamo vicino a Ceppo, si augura un buon Ceppo, andare a Messa la notte di Ceppo, vedersi per Ceppo, passare il Ceppo insieme e, per indicare il giorno dopo, cioè il Natalino, con Ceppino.

Ceppo però, e vorremmo dire soprattutto, era anche quella piramide allungata, realizzata con tre o quattro aste di legno o di canna, uniti senza neppure un chiodo, che ne formavano la struttura all’interno della quale alloggiavano altrettanti ripiani ornati di pigne dorate, ramoscelli d’abete, fiori di carta colorata, nappine, frange e candeline; su tali piani venivano poi disposti i regali: giocattoli, ninnoli, dolci – ossia le “chicche” – frutta, matite da disegno, mentre in quello più basso dominava un piccolo presepe col Gesù Bambino di gesso dipinto e con l’aureola d’oro. Il ceppo, in genere, era alto poco più di un metro; troneggiava in mezzo al tavolo della sala e, intorno a lui, si radunava l’intera famiglia. Quella multicolore piramide, strana nella forma e nella foggia degli ornamenti, per anni è stata la delizia dei fanciulli.

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Il Ceppo fiorentino: la tradizione natalizia

La sera della vigilia di Natale, la maggior parte delle famiglie si raccoglieva al canto del fuoco, per riscaldarsi alla gioiosa fiamma e fra la tremolante ed incerta luce e lo scoppiettare del ceppo sugli alari, intorno all’altro ceppo, quello sulla tavola, in attesa di trovare l’ora di recarsi tutti insieme alla messa di mezzanotte. Un po’ prima della fatidica ora, i ragazzi venivano allontanati dalla stanza per poter dar modo ai genitori, parenti ed amici di sistemare sul “nostrano Ceppo”, le “sorprese” cioè i regali a loro destinati, divenendo così il dispensatore di doni.

Giovan Battista Fagioli (o.c.) Cicalata racconta che i bambini, in ansiosa attesa di rientrare nella stanza per prendersi i doni, canticchiavano con ritmica cantilena, la seguente filastrocca:

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Ave Maria del Ceppo,
Angelo benedetto!
L’angelo mi rispose:
Ceppo mio bello
Portami tante cose!

Come si costruiva il Ceppo di Natale a Firenze

Questi Ceppi portadoni e portadolci, venivano costruiti per lo più direttamente in casa unendo al vertice le tre o quattro asticelle, poi divaricate e connesse ai ripiani. Si trattava di un lavoro semplice, ma da eseguirsi con gusto e una certa precisione, come quando si approntavano gli aquiloni. Se il Ceppo non si poteva costruire in casa, lo si acquistava già bell’e pronto dai venditori ambulanti che giravano per strada, o al “Mercato dei Ceppi” detto anche “dei Pastori”, perché oltre ai ceppi si vendevano i personaggi per allestire le capannucce. Sotto le Logge di Mercato Nuovo, dette comunemente del Porcellino, si vedevano in bella mostra allineati ceppi variopinti e luccicanti con in cima una grossa pina dorata e sui banchi disposti come tanti soldatini, le piccole figure di terracotta o di gesso, indispensabili per allestire la tradizionale “capannuccia” ossia il presepio, a rappresentare la nascita del Signore.

Memorie che, riteniamo, non dovrebbero essere perdute di vista ma, quantomeno, conosciute per la fondamentale armonia di ogni Fiorentino che vive nel suo ambiente e con la sua cultura. La città, pure nell’aspetto moderno, rivela sempre il nobile passato attraverso il volto dei palazzi, delle chiese, dei monumenti, delle torri patinate dal sole e dai venti, di ogni pietra che ha sempre qualcosa da raccontare, ma anche in virtù delle tradizioni che sono la memoria delle notizie e delle testimonianze fortemente legate al territorio, trasmesse di padre in figlio da una generazione a quelle successive.

Tradizioni che hanno lasciato un segno indelebile nella storia della nostra straordinaria città, da non meritare di essere interrotte in quanto ne sono la vera “anima” e, perdendo ognuno le proprie caratteristiche, si tenderebbe ad assomigliarsi sempre di più gli uni agli altri.

Buon Ceppo a tutti!

L’articolo è tratto dal libro di Luciano e Ricciardo Artusi. Il Ceppo di Natale. La gioia della festa più celebrata dell’anno: il tradizionale ceppo negli usi e consuetudini di ieri – Scribo Edizioni

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