venerdì, 27 Dicembre 2024
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Cuneo fiscale, taglio delle tasse: aumento degli stipendi nel 2023

Un ulteriore taglio della tassazione per i lavoratori dipendenti con stipendi medio-bassi, per la seconda parte del 2023. Il governo lavora a nuove misure, previste nel Def. Chi ci guadagna?

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Arriva un nuovo taglio delle tasse, con un’ulteriore riduzione del cuneo fiscale per gli stipendi medio-bassi, che poterà a un aumento netto in busta paga nella seconda parte del 2023. Non grandi numeri, sia ben inteso, ma qualche decina di euro in più al mese. È la strada indicata dal Def, il Documento di economia e finanza approvato l’11 aprile dal Consiglio dei ministri. Per questa azione sulla tassazione dei salari, che andrà ora definita nei dettagli, il governo Meloni ha recuperato 3 miliardi di euro. L’esecutivo in particolare agirà in favore di quei lavoratori dipendenti per cui l’ultima legge di bilancio aveva già previsto agevolazioni fiscali. Non si tocca invece la parte di imposte che riguarda le aziende.

Cos’è il taglio al cuneo fiscale

Da tempo si discute del taglio del cuneo fiscale, termine il cui significato indica la differenza tra il costo totale di un dipendente per il datore di lavoro e l’ammontare della tasse pagate da un lavoratore in busta paga. Insomma, in soldoni, la differenza tra lo stipendio lordo e quello netto, tra la cifra sborsata dall’azienda e quella che arriva effettivamente in tasca ai dipendenti. Su quest’ultimo importo infatti incidono diverse voci, dalle imposte (come l’Irpef) ai contributi pensionistici. Secondo l’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, il nostro Paese è quinto in Europa per il peso della tassazione, dietro a Belgio, Germania, Austria e Francia.

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In Italia il cuneo fiscale raggiunge il 46,5% se si guardano gli stipendi di un lavoratore medio, anche se qualcosa si è iniziato a fare con il taglio introdotto dalla legge di bilancio. Secondo le tabelle previste dall’ultima manovra in questo 2023 i lavoratori dipendenti con un reddito annuale fino a 25.000 euro possono godere di un taglio delle tasse del 3%: per essere precisi si tratta di una riduzione del cuneo fiscale contributivo, ossia uno “sconto” sui versamenti pensionistici trattenuti dagli stipendi. Questa percentuale si abbassa al 2% per chi ha reddito tra 25.000 euro e 35.000 euro. Un provvedimento che è costato 5 miliardi di euro. Adesso il governo Meloni nel Def ha individuto altre risorse per una nuova (piccola) sforbiciata.

Da quando il nuovo taglio delle tasse: l’aumento degli stipendi nel 2023 con la riduzione del cuneo fiscale

Come detto ancora i dettagli non ci sono, perché il Def traccia solo le linee guida a livello finanziario, esistono però le prime ipotesi di lavoro. L’obiettivo è concentrare i 3 miliardi di euro sulle misure in favore dei redditi bassi, hanno confermato diversi esponenti del governo, tra cui anche Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente, intervistato da “24 Mattino”, su Radio 24. Il nuovo taglio delle tasse, con un’ulteriore riduzione del cuneo fiscale probabilmente per i lavoratori dipendenti con redditi fino a 25.000 euro, è atteso per il periodo tra maggio e dicembre 2023. Ciò è quanto reso noto finora.

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Chi ci guadagna e a quanto ammonta l’aumento dello stipendio netto? Ancora non esistono tabelle ufficiali, ma solo simulazioni su cui il governo Meloni sta ragionando per il nuovo taglio del cuneo fiscale 2023 (che non dovrebbe riguardare i pensionati). Si pensa ad esempio a far arrivare la riduzione delle tasse già prevista dalla legge di bilancio dal 3 al 4 o 4,5%. Questo vorrebbe dire un aumento netto dello stipendio fino a circa 25 o 30 euro in più al mese.

Un Def prudente

Questa azione si inserisce all’interno di un Documento di economia e finanza che resta prudente nei numeri. Il Pil per il 2023 è fissato all’1%, 4 decimali in più rispetto a quanto previsto nel novembre scorso, mentre il Def indica ancora la strada della riduzione del deficit e del debito italiano, dal 144,4% del 2023 fino al 140,4% nel 2026. Allo stesso tempo però si prevede una riduzione della pressione fiscale con un -1,1% entro tre anni. Resta il nodo delle pensioni e delle risorse (che al momento mancano) per finanziare una misura bandiera come quella di quota 41.

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