“Isplendor di viva luce etterna”
In una sua celebre conferenza del luglio 1950, il Premio Nobel T.S. Eliot disse: “La Divina Commedia esprime nell’ambito dell’emozione tutto ciò che, compreso tra la disperazione della depravazione e la visione della beatitudine, l’uomo è capace di sperimentare”.
Dalla selva oscura al vivo lume divino, l’ingegnosa macchina dei tre mondi ultraterreni è in fondo il più grandioso palcoscenico dell’agire umano, del fare degli uomini. D’altronde poíesis, radice greca di poesia, indica appunto il “fare”. E in Dante è poesia l’orrido e il degradato dell’Inferno come lo è l’osservazione filosofica del Purgatorio, l’alto ordine morale, la pura esaltazione spirituale del Paradiso.
La sua fiducia nella validità di ogni esperienza umana è assoluta. Crede nella possibilità dell’uomo, nel libero arbitrio come dono d’amore supremo del Dio dei cristiani. Bene e male sono una scelta, il solo giudizio infallibile è quello ultraterreno: l’uomo è dubbio, è imperfezione. Nel tredicesimo canto del Paradiso, San Tommaso si rivolge così all’Alighieri: E questo ti sia sempre piombo a’ piedi / per farti mover lento com’uom lasso / e al sì e al no che tu non vedi: / ché quelli è tra li stolti bene a basso, / che sanza distinzione afferma e nega / ne l’un così come ne l’altro passo; / perch’elli ‘ncontra che più volte piega / l’oppinion corrente in falsa parte, / e poi l’affetto l’intelletto lega. Abbi cautela nel giudicare, perché un’opinione frettolosa conduce spesso all’errore, e il cieco amore che nutriamo per le nostre idee è nemico del buon ragionamento. Che potenza inalterata conservano certe parole sette secoli più tardi! Che bello sarebbe, nei nostri tempi troppo segnati dai tribalismi, da bellicose divisioni e presunzioni di infallibilità, riprendere Dante e farne uno spazio di riflessione collettiva.
Alle tante celebrazioni che il 2021, anno dantesco, ha in calendario, Il Reporter aggiunge l’ampio approfondimento delle pagine che seguono: abbiamo chiesto a eminenti studiosi di raccontarci come e perché, settecento anni dopo la sua morte, Dante sia ancora il poeta universale. E il più grande di tutti.
Andrea Tani
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