lunedì, 23 Dicembre 2024
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Henry Moore, a Firenze 50 anni dopo. Il ricordo di Antonio Natali

Le opere del celebre artista inglese tornano a Firenze: “Ma non siamo cambiati per niente”. Il racconto dell’ex direttore degli Uffizi e la mostra al Museo Novecento

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50 anni dopo la grande mostra al Forte Belvedere di Firenze, le opere di Henry Moore, scultore inglese tra i più illuminati del secolo scorso, tornano a Firenze per un’esposizione al Museo Novecento.

“Nel corso della mia vita credo di aver passato pochi periodi peggiori di quello che seguì al mio viaggio in Italia nel 1925-26. Sei mesi di fila sotto il fuoco dei capolavori dell’arte europea avevano scatenato un violento conflitto con i miei ideali precedenti – ero avvilito e incapace di lavorare. A poco a poco, però, riuscii a tirarmi fuori dalle mie perplessità, e la direzione fu quella dei miei primitivi interessi”.

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A parlare è proprio Henry Moore, che nel 1972 fu protagonista di una grande mostra al Forte Belvedere di Firenze. Un evento rimasto nella storia, perché proprio in quell’occasione il Forte riaprì i battenti al pubblico dopo un lunghissimo periodo di chiusura. Esposte sui prati, negli interni e tra i bastioni dell’ex fortezza militare fiorentina, c’erano le grandi sculture dell’artista, una corposa selezione, e poi disegni, bozzetti, schizzi, incisioni e litografie. Inaugurata in pompa magna sotto l’egida del Comune di Firenze e del British Council, alla presenza della principessa Margaret, per molti quel giorno segna il momento in cui Firenze si è aperta all’arte contemporanea internazionale.

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Antonio Natali e l’importanza dell’educazione all’arte

Tra i molti testimoni (e visitatori) di quella mostra ci fu anche Antonio Natali, storico dell’arte ed ex direttore della Galleria degli Uffizi, all’epoca un giovane studente della Facoltà di storia dell’arte, poco più che ventenne. “Ricordo nitidamente la mostra e conservo memoria della giornata passata a visitarla insieme a un’amica – inizia a raccontare –. Portai con me con la mia nuova macchina fotografica. Era una bella giornata di sole e ne approfittai per fare degli scatti. In quel periodo facevo foto e le stampavo, realizzai tutto un servizio sulla mostra e sugli scorci della città che era possibile ritagliare guardando attraverso i “buchi” delle statue di Moore. Erano giochi senza poesia i miei, al contrario delle opere in mostra, lavori di un artista la cui poetica è certamente una delle più alte tra gli scultori del Novecento”.

Sembrava davvero che l’arte contemporanea si stesse facendo spazio a Firenze, che quei corpi e quelle forme, quelle “rime” in bronzo, potessero aprire le porte e la mente della città a un futuro fatto di arte nuova, diversa, audace. “Oggi contemporaneo non è più un attributo cronologico ma stilistico – continua Natali –. Come a dire inedito, innovativo. Invece per me contemporanea è qualsiasi cosa che viva la mia stessa stagione, compresi quei pittori e scultori che si muovono nel solco della tradizione. Probabilmente, quando venne pensata la mostra di Henry Moore, c’era una disponibilità e una convinzione della grandezza di questa città fondata non esclusivamente sulla conservazione della sua ricca eredità. Oggi invece, e da un po’ di tempo, i fiorentini coltivano la convinzione di essere i figli del Rinascimento, eredi diretti di Leonardo, Verrocchio, Michelangelo, Donatello e via discorrendo. Ma non si rendono conto che il coraggio, l’anticonformismo e la spregiudicatezza che erano alcune delle caratteristiche di quei patriarchi, nulla sarebbero state senza la cultura. Perché il coraggio, l’anticonformismo e la spregiudicatezza senza cultura diventano disastri. Ed è per questo che è tanto importante l’educazione. All’arte ma non solo”.

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Il guerriero di Henry Moore e Firenze

Poi Natali prosegue: “Abbiamo la vista corta, noi fiorentini. E infatti, nonostante fosse stata organizzata una mostra di tale portata, ricordo bene il trattamento che allo stesso Moore venne riservato quando voleva lasciare una delle sue opere a Firenze”. Già, perché, l’artista avrebbe voluto donare una delle sue opere – Il guerriero – alla città, in cambio di un indennizzo di 35mila sterline, equivalenti alle spese sostenute per la fusione della scultura. Ma il Comune non rispettò gli accordi presi: collocò l’opera nel cortile di Palazzo Vecchio fino a quando, alla morte dell’artista, la Fondazione Moore ne ottenne la restituzione.

Il guerriero Henry moore
Il guerriero

In realtà poi Il guerriero è tornato ad abitare sulle rive dell’Arno, perché nel corso degli anni è diventato di proprietà del British Institute of Florence ed è stato collocato nel primo chiostro della Basilica di Santa Croce, anche se non certo in una posizione da protagonista. Fu più lungimirante la città di Prato, che invece un’opera di Henry Moore la comprò al termine della mostra per collocarla nella centrale piazza San Marco. Chissà cosa avrà pensato Moore, all’epoca, e chissà cosa penserebbe oggi di Firenze, se tornasse a guardarla dall’alto del Forte Belvedere. “Che penserebbe? Glielo dico io – chiosa Natali –. V’ho lasciato cinquant’anni fa, ma non siete cambiati per nulla”.

La mostra su Henry Moore al Museo Novecento di Firenze

A quasi cinquant’anni (era il 1972) dalla memorabile mostra al Forte di Belvedere che vide protagonista il maestro della scultura inglese, il Museo Novecento decide di rendergli omaggio con Il disegno dello scultore. Henry Moore, mostra curata da Sergio Risaliti, direttore artistico del Museo Novecento, e Sebastiano Barassi, direttore della Henry Moore Collections and Exhibitions.

La mostra, organizzata in collaborazione con la Henry Moore Foundation, dal 18 gennaio 2021 al 18 luglio 2021 (pandemia permettendo) vede il museo fiorentino ospitare una corposa selezione di disegni (circa settanta), assieme a grafiche e sculture. Questo luogo d’arte è infatti tra i musei di Firenze aperti in zona gialla (qui gli orari).

“Questa mostra è motivo di vanto e di immensa soddisfazione – ha detto Sergio Risaliti –. Il disegno dello scultore. Henry Moore vuole essere un dono alla città che ha sofferto una crisi drammatica e che sta uscendo a fatica ma con coraggio e orgoglio da questa situazione così difficile”.

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