La linea del nuovo assessore alla cultura Tommaso Sacchi è chiara: “Firenze sia un porto sicuro per la cultura”. L’intervista pubblicata su Il Reporter di luglio/agosto 2019.
“Estate Fiorentina” è ormai diventato un brand. Ma qual è il senso di mettere a sistema le tante diverse esperienze culturali che esistono in città?
L’Estate Fiorentina è cresciuta sia come festival che come rassegna civica, pubblica e di servizio culturale alla città. Negli ultimi cinque anni l’impegno di spesa del Comune è praticamente triplicato e il numero di associazioni coinvolte è arrivato a oltre 170. Soprattutto, Estate Fiorentina oggi è un marchio culturale riconosciuto a livello nazionale. Il pubblico arriva anche da altre città, ricevo l’interesse di amministratori e tecnici da tutta Italia che vedono un dispositivo amministrativo che funziona. Perché dà la possibilità a tutti di proporre un’idea, metterla sul tavolo e vederla realizzata.
Quali sono gli ingredienti di questa formula?
Il tempo, inteso come periodo estivo: un tempo ormai dilatato, perché oggi la rassegna dura sei mesi. Lo spazio: da un lato la riattivazione di luoghi meno conosciuti o in sottoutilizzo, dall’altro l’attenzione verso la periferia, tant’è che le iniziative proposte per le zone meno centrali della città ottengono un premio nel punteggio in sede di valutazione. Infine, il contenuto: che cosa viene proposto. Saper miscelare tempo, spazio e contenuto rende il tutto più sfidante e innalza la qualità delle proposte che arrivano sul tavolo.
Il rapporto col territorio è particolarmente significativo: l’Estate Fiorentina raggiunge luoghi e persone altrimenti al di fuori dai circuiti culturali.
L’Estate Fiorentina è un progetto site specific. Oltre al milione di euro di investimento che ricade sulle associazioni, il Comune mette a disposizione piazze, luoghi, edifici in disuso, spazi meravigliosi come il tepidario del Roster, i musei civici, le Murate. La formula funziona perché tutto ciò che viene fatto è fatto in relazione alla città e ai suoi spazi. Un progetto della città e per la città.
A proposito di spazi della cultura, a che punto siamo con i nuovi contenitori annunciati all’inizio dell’anno?
Stanno tutti andando avanti. Il refettorio di Santa Maria Novella, dopo 104 anni di utilizzo militare, si sta affermando come spazio per le grandi mostre temporanee e dopo quella dedicata all’architetto Leonardo Ricci partiremo il 13 settembre con il quarto grande appuntamento per i 500 anni di Leonardo, una mostra su Leonardo e la botanica curata da Stefano Mancuso e Fritjof Capra. Sempre a Santa Maria Novella, stanno per partire i sopralluoghi tecnici per il trasferimento del Gabinetto Viesseux all’interno del chiostro. Il tema degli spazi è stato davvero una sorta di mantra che ha accompagnato l’attività politica del precedente mandato sulla cultura. In cinque anni abbiamo recuperato 15 spazi fra musei, teatri, cinema, luoghi performativi. Riattivati o aperti ex novo. Mentre in tante città d’Europa e d’Italia si vedono chiudere gli spazi, Firenze ne apre tre nuovi ogni anno e non ne chiude nessuno.
C’è uno spazio che non è nuovo ma per il quale si ragiona di una nuova identità: il Forte Belvedere. Ci sono novità?
Penso che Forte Belvedere debba vivere tutto l’anno. Sto lavorando a una bigliettazione congiunta con quella di altri spazi della cultura, per invogliare a salire la Costa e raggiungere questo bellissimo luogo. Abbiamo avuto Gormley, Penone, Fabre, Mattiacci, la mostra Ytalia, i grandi protagonisti dell’arte del mondo. Diventerà sempre più uno dei parchi di arte pubblica più importanti d’Europa, non ho dubbi.
E in effetti Firenze negli ultimi anni si è affrancata dall’etichetta di “Culla del Rinascimento”. La città punta ad essere un riferimento anche per il contemporaneo?
Firenze oggi è una tappa della geografia del contemporaneo a livello europeo. L’eccellente lavoro di Palazzo Strozzi, Museo Novecento e Forte Belvedere sta dando risultati straordinari. Nei prossimi mesi avremo in città mostre di Jeff Koons e Tomás Saraceno, grandi protagonisti che di solito si vedono nelle biennali. Il Museo Novecento si è guadagnato un’autorevolezza enorme con mostre tra l’arte del secolo scorso, i contemporanei più affermati e anche quelli che vengono definiti artisti middle career. È diventato anche luogo di scouting, dove gli artisti promettenti di oggi diventano i grandi artisti di domani. L’Estate Fiorentina ha permesso, attraverso il finanziamento alle associazioni, di sostenere rassegne del contemporaneo, ad esempio, nella musica, con il grande lavoro di Firenze suona contemporaneo, o nella performance, con Fabbrica Europa. Questo impegno non verrà in nessun modo disatteso, si continuerà a investire.
In questo senso va anche la proposta di costituire un’unità di servizio per le imprese culturali. Come funzionerà?
Sarà una sorta di sportello di sostegno all’impresa culturale a Firenze. Le imprese fiorentine della cultura, quando le idee sono buone e forti, devono trovare in Palazzo Vecchio non solo un soggetto sostenitore ma anche un “cervello” di competenze al loro servizio, di assistenza legale, tecnica e fiscale al servizio di chi vuole muovere i primi passi nel mondo della cultura.
Ma allora è vero che “con la cultura si mangia”, almeno a Firenze?
Essere arrivati primi nella classifica de Il Sole 24 Ore per l’indice di vitalità culturale delle città italiane è un segnale, basato su una serie di dati e indicatori, che racconta di come a Firenze si possa vivere e lavorare di cultura. Vogliamo che la nostra città venga ritenuta un porto sicuro per le imprese della cultura, in cui si trovano una serie di sostegni per poterle realizzare e tutte le possibilità per tenere in vita con successo.
In campagna elettorale è stata annunciata l’intenzione di creare a Firenze due grandi eventi. Il primo riguarda l’architettura: di che si tratta?
Credo che portare a Firenze la grande riflessione che sta dietro alla cultura del progettare sia un’idea vincente. Grandi intellettuali, artisti, architetti, protagonisti del pensiero urbanistico, insieme per ragionare, da Firenze, sulle città del futuro. Il lavoro è già iniziato, sarà un progetto per il 2020.
L’altro è invece dedicato alla lettura. Firenze avrà il suo Salone del libro?
È presto per svelare i dettagli, ma voglio dire in modo chiaro che lavoreremo perché anche Firenze abbia il suo momento dedicato al libro, alla promozione e al sostegno alla lettura. I dati nazionali su quanto si legge devono destare diverse preoccupazioni. La lettura è un veicolo di conoscenza importantissimo, Firenze non si deve tirare indietro. Sarà un momento fieristico e culturale di altissimo livello, organizzato in sinergia con i Saloni del libro più importanti del resto d’Italia. Stiamo dialogando con i colleghi assessori di queste città e i direttori delle rassegne per creare una sorta di mappa della promozione del libro e della lettura.