martedì, 7 Maggio 2024
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Dal Meyer un nuovo brevetto per la cura delle malattie renali

Le staminali isolate dalle urine dei bambini vengono coltivate fino ad ottenere un modello diverso caso per caso che consente una diagnosi personalizzata. La ricerca dell'ospedale pediatrico è stata pubblicata sul Journal of the american society of nephrology

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Anche se causate dallo stesso gene, le malattie renali si manifestano in modo diverso da persona a persona perché ogni Dna è unico. Al Meyer è stato messo a punto e brevettato un nuovo metodo che permette di isolare i progenitori renali, coltivarli e ottenere un modello “personalizzato” per ciascuno dei bambini in cura all'ospedale pediatrico fiorentino. Lo studio è stato pubblicato oggi sull’edizione online del Journal of the american society of nephrology, la più importante rivista internazionale di nefrologia.

Dna diversi, malattie diverse

“Anche quando sono causate dallo stesso gene – spiega Paola Romagnani, responsabile del team di nefrologia del Meyer e professore Università di Firenze – le patologie renali sono molto eterogenee tra loro, perché il Dna di ognuno di noi è comunque unico e le condizioni ambientali possono avere effetti differenti da persona a persona. Abbiamo quindi sempre più bisogno di nuovi modelli di malattia che ci facciano meglio comprendere le influenze del Dna del paziente e le sue interazioni con l’ambiente nel determinare le malattie renali”.

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Un modello personalizzato

Per costruire un modello personalizzato per la patologia di ciascun bambino affetto da malattie renali, i ricercatori sono partiti dalle urine. “Abbiamo purificato e amplificato i progenitori renali dalle urine di ogni singolo bambino malato – spiega Elena Lazzeri, ricercatrice e primo autore dello studio – I progenitori renali sono delle cellule staminali con capacità di generare molti tipi di cellule renali, che si trovano nei reni. Rari progenitori renali vengono persi nelle urine delle persone affette da malattie renali. Sebbene rare, queste cellule hanno una enorme capacità di crescere”.

“Con il nostro metodo noi favoriamo questa loro capacità di amplificarsi e da una singola cellula possiamo ottenerne milioni. Poi, possiamo trattarle con sostanze che sono in grado di farle diventare la cellula renale che vogliamo studiare, ad esempio la cellula bersaglio della malattia. In questo modo otteniamo un modello unico, che porta scritte su di sé tutte le alterazioni genetiche e le influenze ambientali che hanno determinato quella malattia in quel paziente e che sarà utilissimo per studiare molte malattie renali le cui cause rimangono ancora sconosciute”. Per queste ragioni, il metodo è anche molto utile da un punto di vista clinico, perché consente di studiare il ruolo di mutazioni genetiche sconosciute e verificare se sono causa di malattia.

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Lo studio porta la firma dei team di nefrologia e genetica del Meyer e dell’Università di Firenze, è iniziato oltre tre anni fa ed è stato portato avanti grazie ai fondi di Regione Toscana.

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