Perequazione automatica delle pensioni, indicizzazione, rivalutazione: molti termini che in sostanza significano la stessa cosa, l’adeguamento degli assegni all’inflazione anche nel 2025. Si tratta di un meccanismo pensato proprio per evitare che i trattamenti pensionistici siano “mangiati” dal caro vita, ma che in quasi 6 decenni è stato applicato a fasi alterne e con molteplici varianti. Per far quadrare i conti negli ultimi anni questo incremento non è stato riconosciuto nella stessa proporzione a tutti. Nel 2023 e 2024 sono stati introdotti degli scaglioni progressivi, mentre nella manovra finanziaria 2025 l’aumento delle pensioni sarà con “la rivalutazione piena”, ha annunciato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, anche con un mini-bonus per le minime in modo che non diminuiscano rispetto alla super-rivalutazione dell’anno scorso.
Cos’è la perequazione automatica e cosa significa in concreto per le pensioni
Il concetto di perequazione automatica delle pensioni è stato introdotto per la prima volta nel 1969 e prevede che ogni 1° gennaio scatti un aumento per gli assegni in misura pari all’incremento del costo della vita (inflazione) durante l’anno precedente. Con il passare del tempo (e dei governi) sono state introdotte svariate modifiche a questo meccanismo, anche con blocchi totali come quelli decisi dal governo Monti per limitare la spesa dello Stato, poi bollati come incostituzionali della Consulta.
Ad oggi per calcolare l’aumento annuale si prende in considerazione il valore FOI, ossia l’indice ISTAT che fotografa l’andamento dei prezzi al consumo per famiglie di operai ed impiegati. In particolare negli ultimi due anni sono state decise delle fasce per l’applicazione della perequazione automatica alle pensioni, con percentuali diverse a seconda del reddito pensionistico: nel 2024 le minime degli over 75 hanno visto una super-rivalutazione fino a 614,77 euro, mentre solo gli assegni fino a 4 volte il minimo (ossia 2.271,76 euro lordi mensili) hanno goduto del 100% dell’indicizzazione pari al +5,4%. Per le altre sono stati definiti degli scaglioni a scalare, fino al +1,2% delle pensioni oltre i 5.600 euro (qui la tabella Inps).
Quanto sarà l’aumento per le pensioni previsto dalla manovra 2025
Finora si sono rincorse ipotesi e suggestioni sulla perequazione automatica nelle pensioni nel 2025, in particolare per un ulteriore aumento delle minime. Nella conferenza stampa sul Documento programmatico di bilancio il ministro Giorgetti ha confermato che ci sarà un’intervento per alzare le minime ed evitare un effetto paradossale: l’incremento a 614,77 euro deciso l’anno scorso scadrà a dicembre e, visto il rallentare dell’inflazione, senza ulteriori interventi da parte del governo l’assegno minimo calerebbe nel 2025. Ancora non è chiaro quanto sarò questo incremento extra: tra le ipotesi portare i trattamenti più bassi almeno a 625-630 euro.
Per la perequazione automatica di tutte le altre pensioni nel 2025 il ministro dell’Economia ha detto che “c’è la rivalutazione piena c’è la rivalutazione delle minime. Il meccanismo di sterilizzazione che era in vigore non c’è più'”, ma non si è addentrato nei dettagli dell’aumento. L’indicizzazione tornerà a essere riconosciuta secondo quanto previsto dalle legge 388 del 2000 (con le successive modifiche), con percentuali più corpose, soprattutto per gli assegni medio-alti:
- 100% della rivalutazione per le pensioni fino a quattro volte il trattamento minimo (circa 2.100 euro lordi al mese)
- 90% della rivalutazione per le pensioni tra quattro e cinque volte il minimo (circa 2.100-2.600 euro lordi al mese)
- 75% della rivalutazione per le pensioni per le pensioni sopra 5 volte il minimo (sopra i 2.600 euro circa)
Secondo i dati dell’Istat l’inflazione si aggira intorno al +1,6% e questa con tutta probabilità sarà la percentuale della rivalutazione, ben lontana dai valori degli ultimi anni: +5,4% nel gennaio scorso e + 7,3% di 12 mesi prima.