Un enfant prodige del pentagramma, così l’hanno definito in molti. Una di quelle voci, con quelle storie da raccontare e quello charme un po’ bohemien, che forse mancavano dai tempi del primo Vinicio Capossela. Alessandro Mannarino, classe 1979, sta mietendo vittime tra gli appassionati di musica d’autore, convincendo con i suoi brani un po’ scanzonati ma sempre accorti e profondi anche i critici più scettici. A Firenze arriva il 28 marzo, all’Obihall, dove presenterà le canzoni del suo secondo disco, Supersantos, che già avevano riscosso un gran successo la scorsa estate al Teatro Romano di Fiesole.
Da romano doc, com’è il suo rapporto con Firenze e la Toscana?
Sempre molto molto buono, il concerto a Fiesole dell’estate passata lo ricordo come uno dei più belli in assoluto. In più ho vari amici in Toscana, c’è una locanda speciale a Montemerano in provincia di Grosseto a cui sono molto legato, ho una bella amicizia col coro dei minatori di Santa Fiora che ho conosciuto grazie a Simone Cristicchi. Devo dire che professionalmente parlando gli organizzatori dei miei concerti in Toscana sono veramente in gamba. Ma, soprattutto, sono cresciuto ascoltando i Litfiba.
Ieri al Teatro Romano, oggi all’Obihall: quali sono i luoghi dove un giovane cantautore ama esibirsi?
I teatri sono bellissimi, amplificano i sentimenti e le emozioni. Poi ci sono i grandi spazi, dove l’atmosfera è completamente diversa. Comunque credo di preferire situazioni non dispersive. Poi però penso che il ristorante dove vai a cenare sia importante, ma prima ancora servono appetito, ingredienti buoni e una bella compagnia. È stato etichettato come una sorta di Trilussa della musica. Canta in romano senza dimenticare di dare quel guizzo sagace e allo stesso tempo profondo ai pezzi.
Da cosa prende ispirazione?
Dal mondo che vivo, dalle esperienze che faccio, dai libri che leggo.
Quando ha deciso che la musica sarebbe diventata la sua strada?
A sedici anni, quando ho cominciato a suonare e a scrivere canzoni, ci ho fatto un pensiero. Dopo quattro anni ero completamente rapito dalla faccenda, quattro anni più tardi suonavo sempre, in giro, ovunque capitasse. Non sono andato a ritirare il diploma di laurea. Cinque anni dopo ho registrato il mio primo disco. Ad oggi non ho ancora ritirato la laurea.
Come si immagina tra dieci anni?
E quali sono i progetti musicali per il prossimo futuro? Mi immagino di essere cresciuto, di essere più responsabile e meno incasinato di oggi, di avere dei figli e di avere capito alcune delle cose che oggi non capisco. I progetti musicali sono una colonna sonora e il prossimo disco.