Il 13 luglio invece al Museo della Paglia e dell’Intreccio “Domenico Michelacci”, a Signa, si è svolta la conferenza stampa. Roberto Lunardi, curatore del libro, ha sottolineato come la storia del cappellificio Catarzi sia emblematica di un’epopea produttiva lunga un secolo, che ancora oggi rinovella un’arte tramandata da una generazione, femminile in particolare, all’altra. A Signa, ancora negli anni sessanta, era possibile assistere allo spettacolo degli artigiani della paglia, seduti a veglia in strada, o nei cortili, caratteristici nei loro grembiuloni e alla mano le forbici per tagliare la pianta. Ci vogliono infatti 50, 60 metri di materiale per fare un semplice cappello. Che oggi si produce in fabbrica con tecniche non dissimili dal lavoro manuale di un tempo, anche se la materia prima, dal dopoguerra, non arriva più dalle colline di Malmantile, ma dall’estremo Oriente, piuttosto che dal Madagascar. Un problema, quello dell’approvvigionamento, e del costo del lavoro per la produzione del samilavorato, che si faceva già sentire all’inizio del ‘900, come documentato dall’Accedemia dei Georgofili.
Maurizio Catarzi e la moglie Stefania Nistri, titolari della Filippo Catarzi s.r.l., hanno spiegato quanto difficile sia realizzare un prodotto di qualità. La loro azienda impiega una ventina di persone. Ma il settore complessivamente impegna circa mille addetti. Signa, con le proprie famiglie, di questa industria è ancora il centro mondiale, anche se un secolo e mezzo fa il “cappello di paglia di Firenze”, lungo la valle dell’Arno e la piana fiorentina, impiegava quasi 150.000 persone.
Il cappellificio Catarzi fattura 4 milioni di euro l’anno, in gran parte con produzione distribuita all’estero, anche attraverso marchi popolari. E’ su questa fascia media che comincia a farsi sentire la concorrenza della Cina. I contenders cinesi operano negli stessi territori, il nord al confine coreano e la citta di Ninghbo, gemellata con Firenze, dove capita spesso che Maurizio Catarzi, terza generazione di imprenditore, si avventuri per approvvigionarsi. E’ la passione a muovere gli imprenditori toscani e a far loro concepire l’azienda ancora come luogo di formazione di competenze tramandate da secoli. Sempre che il mercato globale continui ad aver voglia di apprezzare la qualità dei materiali e la preziosità della creazione artigiana, uno dei tesori che contraddistinguono, sia pur a fatica, il nostro territori.
Il Cappellificio Catarzi compie 100 anni
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