Assistere al Il ritorno di Ulisse in patria è un’esperienza più vicina ad una lezione di storia che all’ascolto di un’opera. Ma non ad una noiosa lezione di storia, tutt’altro. Siamo infatti in un periodo storico di grandi cambiamenti: pensiamo ad esempio che quest’opera, composta nel 1640 da Claudio Monteverdi alla veneranda età di 72 anni, fu una delle prime composizioni destinate ai teatri pubblici. Fino a qualche anno prima gli spettacoli erano ad uso e consumo esclusivo delle corti poi a Venezia, nel 1637, nasce il primo teatro pubblico e con esso la possibilità di vedere uno spettacolo pagando un biglietto: da quel momento le rappresentazioni non saranno più eventi unici ed irripetibili ma diventeranno replicabili, insomma nasce il teatro così come lo intendiamo noi.
L’opera poi, insieme all’Orfeo e all’Incoronazione di Poppea, è un inno al rinnovamento musicale. Anche se non si può parlare ancora di opera barocca, la trilogia operistica di Monteverdi segna proprio il passaggio dall’opera rinascimentale a quella barocca e getta le basi di quel rinnovamento musicale e teatrale che porterà alla nascita dell’opera lirica modernamente intesa.
Il libretto di Giacomo Badoaro segue accuratamente gli ultimi canti del poema omerico e dunque racconta le vicissitudini di Ulisse dal momento in cui viene lasciato addormentato sulle spiagge di Itaca dai Feaci a quando, sconfitti i Proci, si riunisce all’amata e pazientissima moglie Penelope, che l’ha aspettato per un ventennio.
La messa in scena fiorentina
La messa in scena si svolge su tre piani gerarchici: il fato rappresentato dalle sue tre forze: Amore, Tempo e Fortuna, gli Dei in parte artefici, in parte spettatori delle vicende terrene e i personaggi umani. La regia (Robert Carsen) le scene (Radu Boruzescu) e i costumi (Luis Carvalho) visti nella rappresentazione fiorentina rendono benissimo l’idea di questa gerarchia.
Amore, Tempo e Fortuna appaiono nel prologo sul proscenio vestiti in abiti dalla foggia romana insieme alla Fragilità Umana che, nello stesso momento, dichiara la sua impotenza di fronte al Fato dai palchi del teatro. Quando si apre il sipario la scena è il prolungamento del teatro stesso con una fedele ricostruzione dei palchi della Pergola in cui prendono posto gli Dei. Questi, vestiti in sontuosi abiti porpora di stile rinascimentale, assistono e, in alcuni casi, intervengo alla vicende umane che prendono vita sul palcoscenico dove i mortali sono invece vestiti in abiti contemporanei.
Alla direzione troviamo il maestro Dantone, specialista del genere, che si affida alla sua Accademia Bizantina, invece cha all’orchestra del Maggio per la parte strumentale. Scelta più che ovvia visto che si sta parlando di un’opera del ‘600 per la cui esecuzione è necessario l’utilizzo di strumenti dell’epoca come il liuto, la tiorba o il violone a sei corde che poco o niente hanno a che fare con gli strumenti di un’orchestra moderna. Il risultato è decisamente buono e forse il maggior pregio di questa esecuzione è quello di aver saputo rendere con grande naturalezza il “recitar cantando” tipico del capolavoro di Monteverdi.
Lo sforzo della produzione necessario per mettere in scena Il ritorno di Ulisse in patria è evidente nella numerosità del cast: 19 cantanti in tutto impegnati in una prova davvero difficile. Li citiamo tutti: Charles Workman (Ulisse), Anicio Zorzi Giustiniani (Telemaco), Delphine Galou (Penelope), John Daszak (Iro), Francesco Milanese (Il Tempo), Marina De Liso (Giunone), Eleonora Bellocci (La Fortuna), Gianluca Margheri (Giove), Guido Loconsolo (Nettuno), Arianna Vendittelli (Minerva), Konstantin Derri (Amore), Andrea Patucelli (Antinoo), Pierre-Antoine Chaumien (Anfinomo), James Hall (Pisandro), Miriam Albano (Melanto), Hugo Hymas (Eurimaco), Mark Milhofer (Eumete), Ericlea (Natascha Petrinsky).
Non potendo parlare diffusamente della prova di tutti gli artisti è d’obbligo però menzionare almeno il soprano Arianna Vendittelli, che affronta con grande bravura l’impegnativo ruolo di Minerva caratterizzato da veri e propri virtuosismi vocali: una novità per l’epoca, ma che di lì in avanti diventeranno parte integrante della lirica.
Le reazioni del pubblico
Il pubblico presente in sala ho sicuramente apprezzato questa rappresentazione dell’opera di Monteverdi, tributando calorosi applausi specialmente al direttore, all’orchestra e alla Vendittelli.
Tutte le repliche de Il ritorno di Ulisse in patria sono sold out o con pochissima disponibilità residua di biglietti, segno di apprezzamento e di curiosità da parte del pubblico fiorentino per un’opera che non è facile vedere dal vivo (a Firenze è stata rappresentata in tutto soltanto altre tre volte) ma anche conseguenza, causa distanziamento covid, di un numero limitato di posti utilizzabili.
Si replica comunque Sabato 3 Luglio e Giovedì 8 Luglio sempre alle 19.00.