Sarà inaugurata oggi, martedì 4 marzo, alle 18 la mostra ”In viaggio con Don Cuba”, che avrà luogo nella Galleria delle Carrozze a Palazzo Medici Riccardi. A cura di Lorenzo Bojola, l’esposizione resterà aperta fino al 2 aprile, dal martedì alla domenica dalle 11 alle 19. Nella Sala delle Carrozze saranno esposte nuove testimonianze del viaggio in Africa di don Danilo Cubattoli, provenienti per lo più dal suo arichivio personale, che il curatore ha scoperto lo scorso anno.
LA MOSTRA. ”In viaggio con Don Cuba” è un’esposizione che vuol ripercorrere la vita e l’operato del sacerdote fiorentino attraverso fotografie, documenti inediti e testimonianze di amici e parenti. Un percorso che mostra due facce della stessa medaglia: da una parte il suo viaggio in Africa, raggiunta passando attraverso molte terre (Grecia, Turchia, Gerusalemme e non solo), con particolare attenzione alla messa da lui celebrata sulla cima del Kilimangiaro, dall’altra sei capitoli dedicati alla sua biografia, agli aspetti più o meno noti di un grande uomo. Data quest’esigenza di sviluppare un doppio percorso espositivo, è stato realizzato un innovativo sistema di allestimento: un supporto in pvc bifacciale per stampa ad alta definizione, con un anima in fibra di tessuto inderformabile, applicato su una struttura metallica. Questa soluzione ha permesso di realizzare una stampa di oltre 50 metri per faccia, per un totale di 100 metri, che si snoda attraverso l’intera Galleria delle Carrozze come un lungo serpente multicolore. Saranno esposti anche alcuni cimeli, come l’altare da viaggio di cui si munì per celebrare la messa sul Kilimangiaro e la moto che lo accompagnò nel viaggio per le terre africane (modello Delfino 160).
”DON CUBA”. Don Danilo Cubatelli è stato un uomo di grande bontà e spirito d’avventura. Oltre alla messa sul Kilimangiaro, dedicata a tutti i lavoratori, diede molto anche alla città di Firenze. L’impegno culturare si può ritrovare nella dedizione che mise nel progetto dei suoi “Cineforum”, organizzati per trent’anni nelle parrocchie, nei circoli ricreativi e culturali e nelle scuole. Non mancò, però, neppure l’impegno umano. Per esempio, si potrebbe ricordare un emblematico aneddoto risalente al novembre del 1966, poco prima che la città fosse sommersa a causa dell’alluvione. Preoccupato per i livelli allarmanti dell’Arno, Don Cuba pensò subito ai ragazzi del carcere delle Murate, consapevole che un’eventuale inondazione sarebbe stata particolarmente disastrosa in quella zona. Corse immediatamente al carcere fiorentino e, non essendo ancora stata presa una decisione sul da farsi da parte della direzione carceraria, assumendosi tutte le responsabilità convinse gli agenti di custodia a liberare oltre 800 carcerati, che rischiavano l’allagamento in cella. Prima di allontanarli dall’edificio, li radunò tutti nel piazzale e disse loro: “Adesso non fate bischerate e andate ad aiutare chi avrà bisogno! Voglio vedervi tornare qui esattamente tra una settimana. Dimostratemi che siete veri uomini”. Al carcere delle Murate l’acqua dell’Arno raggiunse i 5 metri d’altezza: le celle furono tutte sommerse. Una settimana dopo, tutti i detenuti tornarono, come d’accordo.