Sulla scia del premio Pasinetti, vinto dal fumettista Gipi alla mostra di Venezia con il film L’ultimo terrestre, cogliamo l’occasione per rileggere una raccolta di alcune sue notevoli graphic novel.
La collezione Omnibus edita da Coconino Press, comprende i sei racconti di Esterno Notte e due romanzi: S. e La mia vita disegnata male.
Nella prima sezione, tra le varie storie, incontriamo Le facce nell’acqua, un’ idea nata per un lungometraggio. Il progetto non si è tuttavia mai evoluto nello storyboard di un film, ma si è trasformato in un misterioso fumetto ambientato nei pressi di un lago. Mutterede è, invece, una narrazione fluttuante di uomini e mare, il primo racconto scritto da Gipi che non presenti un aggancio a quella dimensione realistica a lui tanto cara. Altro interessante lavoro è Via degli Oleandri, una lapidaria vicenda disegnata tra le vie di Tirrenia, dove galleggia tutta l’incoscienza che precede una giornata dolorosa.
Gipi che lavora con l’olio, l’acquarello e la biro, sporca le pagine di tutte quelle imperfezioni grafiche proprie dei suoi personaggi, esseri concreti e talvolta brutali, ma che trovano poi una dimensione liberatoria nei paesaggi eterei e acquatici ritratti. Immaginari che ricordano talvolta i quadri della macchia toscana o scenari desolanti, ma a cui il fumettista contrappone sempre con gioco la brillante arma seduttiva dell’ironia.
Mentre i racconti di Esterno Notte sono istantanee di provincia bluastre, nella seconda parte troviamo due narrazioni più ampie di cui l’artista e l’uomo si serve per viaggiare nel proprio passato. Il primo racconto S. è dedicato al padre Sergio, una storia che racconta la giovinezza dei suoi genitori intrecciata alle memorie della guerra. Gipi sviluppa un romanzo che altalena scene familiari a reminiscenze condivise (il giorno in cui la città di Pisa fu bombardata), ma dove emerge in primo luogo la mancanza per il padre e la tenerezza per la fidanzata di S. (sua futura madre).
Se forse il disegno paesaggistico è ciò in cui l’artista si esprime in modo più originale, è nella rappresentazione della figura femminile che si sente più a disagio poiché non ama lo stereotipo del mondo fumettistico (labbra carnose e curve abbondanti). Con il tempo tuttavia confessa di aver imparato “a disegnare male” anche le donne, proprio come la sua vita. Ultimo e semi-autobiografico fumetto è proprio La mia vita disegnata male, una storia dipinta tra b/n e colore, scenario adatto per interpretare tutta l’inquietudine dell’età adolescenziale.
Ciò che alfine conquista nell’arte di Gipi, è la totale naturalezza con cui il l’artista si esprime fondendo parola e immagine. Il risultato è la difficoltà di pensare la sua opera come un lavoro separato tra testo e disegno che appare, invece, come una creazione compiuta in un unico gesto.