sabato, 14 Dicembre 2024
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Recensione: Gipi- Omnibus: Esterno Notte, S., La mia vita disegnata male

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Sulla scia del premio Pasinetti, vinto dal fumettista Gipi alla mostra di Venezia con il film L’ultimo terrestre, cogliamo l’occasione per rileggere una raccolta di alcune sue notevoli graphic novel.

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La collezione Omnibus edita da Coconino Press, comprende i sei racconti di Esterno Notte e due romanzi: S. e La mia vita disegnata male.

Nella prima sezione, tra le varie storie, incontriamo Le facce nell’acqua, un’ idea nata  per un lungometraggio. Il progetto non si è tuttavia mai evoluto nello storyboard di un film, ma si è trasformato in un misterioso fumetto ambientato nei pressi di un lago.  Mutterede è, invece, una narrazione fluttuante di uomini e mare, il primo racconto scritto da Gipi che non presenti un aggancio a quella dimensione realistica a lui tanto cara. Altro interessante lavoro è Via degli Oleandri, una lapidaria vicenda disegnata tra le vie di Tirrenia, dove galleggia tutta l’incoscienza che precede una giornata dolorosa.

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Gipi che lavora con l’olio, l’acquarello e la biro, sporca le pagine di tutte quelle imperfezioni grafiche proprie dei suoi personaggi, esseri concreti e talvolta brutali, ma che trovano poi una dimensione liberatoria nei paesaggi eterei e acquatici ritratti. Immaginari che ricordano talvolta i quadri della macchia toscana o scenari desolanti, ma a cui il fumettista contrappone sempre con gioco la brillante arma seduttiva dell’ironia.

Mentre i racconti di Esterno Notte sono istantanee di provincia bluastre, nella seconda parte troviamo due narrazioni più ampie di cui l’artista e l’uomo si serve per viaggiare nel proprio passato. Il primo racconto S. è dedicato al padre Sergio, una storia che racconta la giovinezza dei suoi genitori intrecciata alle memorie della guerra. Gipi sviluppa un romanzo che altalena scene familiari a reminiscenze condivise (il giorno in cui la città di Pisa fu bombardata), ma dove emerge in primo luogo la mancanza per il padre e la tenerezza per la fidanzata di S. (sua futura madre).

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Se forse il disegno paesaggistico è ciò in cui l’artista si esprime in modo più originale, è nella rappresentazione della figura femminile che si sente più a disagio poiché non ama lo stereotipo del mondo fumettistico (labbra carnose e curve abbondanti). Con il tempo tuttavia confessa di aver imparato “a disegnare male” anche le donne, proprio come la sua vita. Ultimo e semi-autobiografico fumetto è proprio La mia vita disegnata male, una storia dipinta tra b/n e colore, scenario adatto per interpretare tutta l’inquietudine dell’età adolescenziale.

Ciò che alfine conquista nell’arte di Gipi, è la totale naturalezza con cui il l’artista si esprime fondendo  parola e immagine. Il risultato è la difficoltà di pensare la sua opera come un lavoro separato tra testo e disegno che appare, invece, come una creazione compiuta in un unico gesto.

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