Pronti, partenza, via. Non è che si facciano tanti problemi, loro. Loro chi? I ragazzi di Asf Intercultura, un’organizzazione internazionale che da oltre sessant’anni fa muovere studenti in giro per il mondo e fa in modo che passino periodi di studio più o meno lunghi all’estero.
IN AUMENTO. Come dire: i cugini grandi, quelli che già fanno l’università, vanno in Erasmus e quelli piccoli invece si portano avanti con questi soggiorni studio già alle superiori, quando hanno un’età compresa tra i sedici e i diciotto anni. A Firenze Intercultura è una realtà molto attiva da sempre (il centro locale ha aperto i battenti nel 1955 – www.interculturafirenze.it) e dal capoluogo toscano spiccano il volo molti ragazzi alla volta delle mete più disaparate: “Ogni anno da Firenze e Prato arrivano una cinquantina di domande – spiega il presidente di Intercultura Firenze, Giuseppe Petrocchi – circa la metà di questi ragazzi riesce a partire, e questo è un numero in crescita perché le richieste sono in aumento”.
COME FUNZIONA. Ma come funziona, esattamente, il meccanismo di Intercultura? L’età necessaria per partire l’abbiamo detta. Gli studenti che si fanno tentare da questa possibilità fanno domanda, indicando il paese preferito e le “seconde scelte”. A novembre di ogni anno ci sono poi le selezioni, per le quali conta molto la media dello studente e in alcuni casi – a seconda della destinazione scelta – la padronanza della lingua del luogo ospitante. “La nostra è un’associazione di volontariato – prosegue il presidente – ma nonostante questo circa il 60 per cento degli studenti riesce a partire con una borsa di studio che copre in parte o completamente la quota spese”. Una quota che, va da sé, è molto variabile. “La contribuzione è stabilita in base alla dichiarazione dei redditi di entrambi i genitori – prosegue ancora Petrocchi – e varia naturalmente in base alla meta”.
OLTRE 50 PAESI. Sistemate le formalità burocratiche, una volta accolta la domanda, i ragazzi possono partire, per trascorrere un periodo variabile (da un trimestre a un intero anno scolastico) in uno degli oltre 50 paesi del circuito di Asf Intercultura. In famiglia, rigorosamente, perché il senso di questa esperienza è quello di fare in modo che i giovani entrino in contatto con il paese ospitante a tutto tondo. Silvia Cantini, classe ‘93, è una delle studentesse tornate da poco da un anno di studio in Thailandia: “È sicuramente un’esperienza impegnativa – racconta – ma io ripartirei anche domani, perché il bilancio alla fine è assolutamente positivo. Superate le difficoltà iniziali, soprattutto linguistiche, è tutto in discesa”.