Strano mondo quello in cui la notizia della morte di un tuo compagno di liceo ti arriva con un link su Facebook. Strano mondo quello in cui puoi perdere la vita a 34 anni andando a lavoro in bicicletta. Un paio di mesi fa titolavamo il Reporter “Rivoluzione sui pedali”, alludendo a una trasformazione che sembrava a portata di mano, grazie a nuove infrastrutture, iniziative di sensibilizzazione, festival dedicati alle 2 ruote.
La verità è che le strade delle nostre città non sono ancora sicure per chi si sposta sui pedali. Sentiamo spesso dire che l’aereo è il mezzo più sicuro per spostarsi. Sapete chi c’è in fondo alla
classifica? La bici. Peggio fanno solo moto e motorini. Da ciclista urbana avevo già avuto l’impressione di essere l’ultimo anello della catena alimentare, più a rischio anche dei pedoni.
Recentemente l’Onu ha stabilito che il 3 giugno sarà la giornata mondiale della bici – in Italia la giornata nazionale è il 14 maggio – per promuoverne l’uso ma anche ricordare i diritti di chi la usa. Forse varrebbe la pena dare una rinfrescata anche ai doveri.
Chi di noi ciclisti di città non si è mai trovato a ridisegnare le righe della strada a piede libero, per risparmiarsi un po’ di fatica? Chi non ha sperimentato almeno una volta la sensazione di essersi giocato il jolly andando contromano in una via stretta del centro storico? Quale possa essere la via più breve per rendere le strade più sicure per chi va in bici non lo so.
Personalmente diffido dai limiti di velocità improbabili e dagli eccessi di imposizioni. Credo piuttosto che si debba continuare a lavorare sull’approccio culturale alla bici, smontare i pregiudizi che la circondano, convincere chi si muove in città che si fa prima e meglio lasciando l’auto in garage. La strada è lunga, in salita e controvento. Ma dobbiamo continuare a pedalare, anche per Luca.