domenica, 24 Novembre 2024
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Carlo Levi a Firenze. Un anno di vita sotterranea in mostra a Palazzo Medici Riccardi

Tutte le curiosità sulla mostra "Carlo Levi a Firenze. Un anno di vita sotterranea", attualmente in corso a Palazzo Medici Riccardi e visitabile fino al 19 marzo 2023

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Carlo Levi, il suo nome è noto a tutti o quasi come uno tra i più significativi autori del Novecento italiano. L’intellettuale antifascista, nato a Torino nel 1902 e morto a Roma nel 1975, non è però solo scrittore ma anche pittore, ed è proprio in questa veste che lo ritroviamo in una mostra a lui dedicata e visitabile dal 9 febbraio al 19 marzo 2023, dal titolo “Carlo Levi a Firenze. Un anno di vita sotterranea“, attualmente in corso nelle Sale Fabiani di Palazzo Medici Riccardi. L’esposizione è promossa da Città Metropolitana di Firenze con il patrocinio di Regione Toscana, Comune di Firenze e Città di Torino, organizzata dalla Fondazione Giorgio Amendola in collaborazione con la Fondazione Carlo Levi, il centro Unesco e l’Associazione MUS.E.

Il legame di Carlo Levi con la città di Firenze

La scelta di esporre Carlo Levi nel cuore di Firenze, e proprio a Palazzo Medici Riccardi, non è casuale. La mostra, curata dal professor Pino Mantovani su progetto della Fondazione Carlo Levi è dedicata infatti al soggiorno di Carlo Levi a Firenze, avvenuto dal 1941 al 1945. Un periodo difficile, che ha visto protagonista la guerra, l’occupazione nazista e la successiva lotta di Liberazione fino alla ripresa della vita pubblica democratica nella città liberata dalla Resistenza sotto il governo autonomista. Ecco che Carlo Levi appare quasi come uno “spettro” che fa ritorno nella sua casa, in uno dei luoghi principali deputati alla ricostruzione dell’Italia post fascista. Firenze è stata la città sede del Comitato di Liberazione nazionale e di un alto confronto politico.

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A Firenze Carlo Levi scrisse il suo capolavoro, “Cristo si è fermato a Eboli”.

Oltre a ciò, non dimentichiamo che è proprio a Firenze che Carlo Levi scrisse il suo primo e più noto libro, “Cristo si è fermato a Eboli”, tra il 1943 e il 1944, nell’ultimo anno della Seconda Guerra Mondiale e in un arco temporale brevissimo. In quegli anni l’intellettuale viveva nascosto in casa della signora Ichino, nella paura di un improvviso arrivo della Gestapo. Il racconto rievoca volti, storie e personaggi del suo confino a Grassano e ad Aliano in Lucania: un’esperienza sconvolgente che lo portò alla scoperta di un’altra Italia, contadina e arcaica, confinata in un sud fuori dai tempi della storia e che fatica a mettersi in relazione con la mitologia imperiale imposta dal fascismo.

Il trasferimento del “Cristo si è fermato a Eboli” su tela: in mostra anche una riproduzione del Telero “Lucania ’61”

Carlo Levi Firenze telero Lucania '61
La riproduzione del telero Lucania ’61 in mostra a Palazzo Medici Riccardi – Ph. MUS.E

In questo senso, è importante il fatto che in mostra sia presente anche una riproduzione  del Telero Lucania ’61 che proviene dalla sede della Fondazione Giorgio Amendola e dall’Associazione lucana in Piemonte, a Torino: si tratta non di un arrivo, bensì di un ritorno, dato che noi consideriamo quest’ultimo come il trasferimento del “Cristo si è fermato a Eboli” su un supporto in tela. Un capolavoro dell’arte e un vero e proprio omaggio alla Lucania che, secondo Levi, risiede nel cuore di ciascuno di noi e si fa paladina di giustizia e libertà.

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Sappiamo che il “Telero” è stato commissionato all’artista da Mario Soldati per rappresentare la Basilicata nel Padiglione della mostra delle Regioni a Torino in occasione delle celebrazioni per il Centenario dell’Unità d’Italia, conservato presso il Museo Nazionale di Matera. L’opera riassume la sua visione riguardo alla questione meridionale filtrata dalla vicenda di Rocco Scotellaro, “il poeta della libertà contadina”. Sul telero è rappresentato il sentimento di “esilio”, quello stesso sentire condiviso con i contadini lucani, che è nella memoria di Levi e che lo portano ad essere ancora una volta vicino agli ultimi, al popolo di emigranti che lasciano la propria casa per trasferirsi altrove. Ne sono testimonianza opere come L’addio dell’emigrante e in una visione contemporanea, L’icerberg e il naufragio e Ancora galleggiante.

Il pensiero di Carlo Levi in mostra a Palazzo Medici Riccardi

I temi dell’esilio, del confino e del naufragio si raccontano in prima persona in 34 opere e disegni di Levi, oltre a una riproduzione del celebre telero Lucania ’61. Un’occasione unica per stimolare un confronto anche tra scritti e dipinti, tempera e inchiostro, penna e pennello al fine di comprendere a fondo il pensiero di Carlo Levi in senso lato e il periodo storico che con lui si attraversa. Una riflessione intima su valori, fragilità e sfide dell’umanità ancora oggi profondamente attuali. Ogni pennellata di Levi, densa e nervosa, restituisce la forza di uno dei più grandi protagonisti del Novecento italiano e ci racconta radici e metamorfosi dell’identità, il senso dei legami, gli aneliti di libertà, il coraggio e la paura del vivere.

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Il percorso espositivo: le due Sale Fabiani

In mostra a Palazzo Medici Riccardi a Firenze si trovano infatti le opere dipinte da Carlo Levi durante il confino ad Aliano, come La Strega e il bambino. Tutt’intorno una galleria di ritrattila madrele donne amate, come la compagna del tempo, Paola Levi Olivetti, amatissima e tante volte rievocata sulla tela, per la quale decise di trasferirsi a Firenze abbandonando l’ipotesi di un espatrio in America e gli amici, come l’intellettuale Eugenio Montale. E ancora, gli anni tragici della guerra sono evocati dal pittore con un capretto scuoiato giacente su una livida spiaggia (La guerra partigiana), con i desolati paesaggi arrossati dai fuochi di guerra, con mucchi di cadaveri giacenti in un presentimento dell’Olocausto (Nudi. Il lager presentito).

Agli inizi degli anni Cinquanta Carlo Levi compie una serie di viaggi nell’Italia meridionale in cui respira il clima della passione civile, delle lotte dei contadini-operai che sono ormai consapevoli della loro misera condizione e reclamano il riscatto sociale. Nascono in pittura le opere di denuncia sociale, che mostrano i corpi delle donne deformati sotto il peso della faticagli occhi dei bambini scavati dalla malariai volti degli uomini segnati dalla malattia. Una pittura che l’osservatore rifiuta per la sua “sgradevolezza” ma che allo stesso tempo diventa esperienza rendendolo testimone di ciò che sta accadendo. Il legame che si è instaurato tra Levi e il sud anni prima si è andato ormai consolidando. Questi sono solo alcuni dei capolavori e temi affrontati nelle Sale Fabiani di Palazzo Medici Riccardi, piccole ma che per l’occasione appaiono dense di capolavori di altissimo livello.

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