sabato, 20 Aprile 2024
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Torna visibile la Porta del Paradiso / FOTO

Il prossimo 8 settembre la Porta del Paradiso tornerà visibile al pubblico nel Museo dell’Opera di Santa Maria del Fiore, dopo un restauro durato 27 anni, per coincidenza gli stessi che occorsero per realizzarla.

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Il prossimo 8 settembre la Porta del Paradiso (nella foto di Antonio Quattrone un particolare) tornerà visibile al pubblico nel Museo dell’Opera di Santa Maria del Fiore, dopo un restauro durato 27 anni, per coincidenza gli stessi che occorsero per realizzarla. Un restauro senza eguali per complessità, che ha permesso di salvare la Porta e la mitica doratura da distruzione sicura. Diretto ed eseguito dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, su incarico dell’Opera di Santa Maria del Fiore, il restauro è stato possibile grazie ai finanziamenti del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e al contributo dell’Associazione Friends of Florence.

LA PORTA. La Porta del Paradiso – del peso di 8 tonnellate, alta 5 metri e venti, larga 3 metri e dieci, dello spessore di 11 centimetri – sarà collocata all’interno di una grande teca appositamente progettata dalla ditta Goppion, nel cortile coperto all’ingresso del Museo dell’Opera, in attesa di essere definitivamente esposta nel nuovo museo in via di realizzazione. La teca si è resa necessaria perché la Porta deve essere conservata in condizioni costanti di bassa umidità per evitare il formarsi di sali instabili tra la superficie del bronzo e la pellicola dorata, che salendo, sollevano e perforano l’oro causandone la distruzione. Per il futuro, si sta studiano la possibilità di creare una protezione con una barriera d’aria, che consenta di vedere la Porta senza un’intercapedine di vetro davanti.

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DALL’ALLUVIONE IN POI. Dopo l’alluvione, ripuliti dalla nafta e dal fango, i 6 pannelli distaccati furono rimontati sulla Porta del Paradiso forando dal retro i battenti e avvitandovi gli stessi. Ben presto a contatto con l’inquinamento atmosferico la doratura della Porta riprese ad offuscarsi e soprattutto, tra il bronzo e la pellicola dorata, continuavano a formarsi dei sali che affiorando in superficie sollevavano e perforavano l’oro con conseguente perdita dello stesso. Per questo nel 1978, l’allora soprintendete dell’Opificio delle Pietre Dure, Umberto Baldini, decise di fare una campagna diagnostica per accertare le cause del deterioramento e studiare un intervento. Un primo pannello fu portato all’Opificio per restaurarlo nel 1979, seguito da altri tre pannelli negli anni Ottanta. Fu scelto di pulire i pannelli con un lavaggio in una soluzione di sali di Rochelle, in grado di rimuovere lo sporco e i sali solubili: “Ma fu chiaro – afferma Marco Ciatti Soprintendente dell’Opificio delle Pietre Dure – che in presenza di umidità, l’instabilità chimica del bronzo-oro portava al riprodursi dei sali e che la Porta del Paradiso non poteva più stare all’esterno”.

LE IMMAGINI (di Nicolò Orsi Battaglini e Antonio Quattrone):

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LA COPIA. Nel 1990 la Porta fu trasportata all’Opificio e al suo posto collocata una copia, realizzata grazie alla generosità del mecenate giapponese Motoyama. La copia fu fusa a Firenze da Aldo Marinelli della Galleria Frilli, su calchi eseguiti al tempo del restauro del dopoguerra, e trasportata a Parigi per esser dorata con il metodo galvanico, in sostituzione di quello a mercurio “fuori legge” in Italia per la sua tossicità. Dopo una pausa dovuta ad altri importanti impegni del settore bronzi dell’Opificio, i lavori sono ripresi nel 1996. A quel punto si iniziarono a staccare gli altri 4 pannelli della Porta, non distaccati dall’Alluvione, per poterli sottoporre al bagno nei sali di Rochelle. Questo lavoro si è rivelato difficilissimo e per questo fu deciso di studiare un nuovo metodo per la pulitura che evitasse lo smontaggio dei restanti 48 rilievi della cornice. La soluzione è arrivata nel 2000, quando l’Istituto di Fisica Applicata del CNR di Firenze è riuscito a mettere a punto un nuovo laser in grado di “bruciare” i depositi presenti sull’oro, con un tempo di azione così ridotto, che il calore non ha modo di propagarsi al bronzo. La pulitura della Porta all’Opificio è così potuta procedere più rapidamente: i rilievi una volta restaurati sono stati protetti con delle sacche di polietilene sigillate, alimentate con azoto per evitare il contatto con l’aria e l’umidità.

SOTTO UNA TECA. Tra giugno e luglio di quest’anno, la Porta del Paradiso sarà trasportata al Museo dell’Opera del Duomo di Firenze, dove sarà posta in una grande teca con un vetro frontale che ne permetterà la visione, mentre all’interno sarà mantenuto un tasso di umidità basso e costante, grazie all’aria filtrata e deumidificata. “Prove effettuate per un anno all’Opificio – spiega Annamaria Giusti, direttrice dei lavori di restauro dal 1996 – hanno dimostrato che l’aria secca è più o meno equivalente all’azoto e di più agevole gestione”. Per il futuro dei gruppi scientifici dell’Opificio, dell’Università e del CNR continueranno a lavorare per poter realizzare una protezione della Porta con barriera d’aria ed evitare così il vetro frontale.

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