Mentre la Costa Concordia resta ”appoggiata” su un fianco agli scogli dell’Isola del Giglio, dove giace ormai da quarantuno giorno e mentre il numero delle vittime è salito a venticinque mentre restano ancora sette i dispersi, dal neocomandante delle Capitanerie di Porto Luigi Cacioppo, arriva l’ok relativo agli ”inchini”.
INCHINI. Ed è quindi arrivata una decisione sul poter effettuare o meno gli ”inchini”: “Si possono fare, davanti a luoghi turistici di rilievo, ma vanno fatti con grande cautela”, ad affermarlo, Luigi Cacioppo che ha però aggiunto “Lavoreremo perché non si verifichino in modo pericoloso”. Ed il modo pericoloso in questo caso, si riferisce proprio alle grandi navi che potrebbero creare disastri come quello dell’Isola del Giglio.
GLI INCIDENTI. Sulla vicenda della Costa Concordia, Cacioppo afferma: ”Le Capitanerie di Porto sono abituate a eventi di questo tipo, sebbene non di questa gravità”. E fu proprio la Concordia ad essere protagonista di altri incidenti, se pur non prettamente legati agli ”inchini”. Ma ne è bastato uno, quello dello scorso 13 gennaio, a risultare fatale per venticinque persone (le vittime accertate) e ad altre sette che ad oggi risultano ancora disperse.
OPERAZIONE DEFUELING. Dopo il recupero degli ultimi otto corpi ritrovati a bordo della nave, all’altezza del Ponte quattro sommerso dall’acqua, sono riprese le operazioni di ”defueling”. Il pontone della Smit Neri, anche ieri è uscito in mare, in modo da essere pronto a riprendere lo svuotamento dei serbatoi non appena fosse finito il lavoro dei Vigili del Fuoco. E così è stato. Al momento, dalla ”pancia” della nave, è stato estratto il 67% del carburante. E “Il ministero dell’Ambiente si costituirà parte civile nell’inchiesta inerente il naufragio della nave Costa Concordia, avvenuto all’Isola del Giglio il 13 gennaio, per far valere in giudizio eventuali danni ambientali”.
IL RECUPERO DEI CORPI.
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GLI INDAGATI. Oltre al vicepresidente della Costa, gli altri due indagati tra il personale di terra di Costa sono il capo dell’unità di crisi Roberto Ferrarini e Paolo Parodi, fleet superintendent della nave. I quattro membri dell’equipaggio indagati sono il comandante in seconda Roberto Bosio e gli ufficiali Silvia Coronica, Salvatore Ursino e Andrea Bongiovanni. Nessuno fece notare a Schettino l’errore di rotta. Bongiovanni parlò di black out ritardando i soccorsi. Questi sette nomi si vanno ad aggiungere a quelli di Schettino e dell’ufficiale Ambrosio, i primi ad essere indagati. E adesso, una nuova accusa aggrava la posizione del comandate. Schettino è infatti indagato anche per omessa comunicazione alle autorità marittime dell’incidente al Giglio. Gli è stata notificata contestualmente con gli avvisi di garanzia ai sette nuovi indagati di ieri. Per gli inquirenti Schettino deve rispondere anche di non aver comunicato alla Capitaneria di porto di Livorno l’effettiva gravità della situazione, ritardando le procedure di emergenza e soccorso. Se il comandante negava le vere informazioni alla Capitaneria e non prese subito la decisione di dare l’allarme generale e di attivare i soccorsi, il comandante in seconda Roberto Bosio avrebbe potuto intervenire al suo posto. Avrebbe potuto limitare i danni del naufragio e avvisare prima le autorità. Per questo Bosio e altri ufficiali sono indagati per cooperazione in omicidio plurimo colposo.
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