lunedì, 4 Novembre 2024
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Inquinamento e coronavirus, come cambia la qualità dell’aria a Firenze

Meno traffico, meno inquinamento: cosa dicono i dati Arpat su PM 10 e qualità dell'aria nei giorni dell'emergenza coronavirus a Firenze

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Tutti in casa, strade deserte e traffico quasi azzerato. Il lockdown per l’emergenza coronavirus ha cambiato i connotati delle città italiane, Firenze compresa: ma ha almeno contribuito a diminuire l’inquinamento? Sì, ma in modo meno marcato di quanto verrebbe da pensare senza conoscere la materia. Anche se nelle aree urbane più attraversate dal traffico il miglioramento della qualità dell’aria è già osservabile.

Lo dicono i dati di Arpat, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana, che monitora quotidianamente la presenza di inquinanti nell’aria in diverse zone della regione.

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Qui prendiamo in analisi i dati raccolti dalle stazioni di Firenze dal 1° febbraio al 7 aprile 2020. Per valutare com’è cambiata la qualità dell’aria, grossomodo da un mese prima a un mese dopo l’entrata in vigore delle misure restrittive, in seguito alla riduzione di quelle che Arpat definisce le “attività antropiche”.

Coronavirus: come cambiano i livelli di PM 10

L’inquinante più frequente nelle aree urbane è il particolato, ovvero l’insieme di tutte le sostanze sospese in aria sotto forma di aerosol. Semplificando, le PM 10 sono quella porzione del particolato che ha un diametro aerodinamico di 10 µm (micrometri, cioè millesimi di millimetro) o inferiore.

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Polveri e fumo in parte prodotti dall’attività umana. Dai processi di combustione dei motori, delle stufe, delle industrie, degli impianti di riscaldamento, delle pastiglie dei freni e dei pneumatici.

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Dall’inizio di febbraio, quindi in regime di “normalità”, al 6 di aprile, il livello di PM 10 a Firenze non è diminuito in modo significativo. Un dato che sorprende fino a un certo punto.

Come precisa l’Arpat, in questo periodo è normalmente in atto il cambiamento della circolazione atmosferica da quella invernale a quella primaverile. Un fenomeno che ha un’influenza fondamentale sulle concentrazioni degli inquinanti.

In più, il particolato è formato da componenti primarie (cioè che provocano un’emissione diretta di materiale) e secondarie (risultato di processi chimici tra molecole già presenti in atmosfera), sia di origine antropica che naturale. Valutare gli effetti di un’azione come quella del lockdown è quindi molto complesso.

Coronavirus, il lockdown riduce l’inquinamento a Firenze?

Il dato senz’altro positivo è che dal 9 febbraio non si sono registrati sforamenti della media giornaliera di 50 µg/m3, considerata la soglia di sicurezza. Ad eccezione del 28 marzo, quando si sono registrati valori anomali con picchi fino ai 136 µg/m3. È l’effetto di un fenomeno del tutto eccezionale, mai avvenuto negli ultimi due decenni. Una “bomba” di sabbia che si è alzata dall’area del Mar Caspio e ha investito parte dell’Europa occidentale, compresa l’Italia centro-settentrionale, facendo impennare le centraline.

Le polveri sottili PM 2.5

Discorso analogo per quanto riguarda le PM 2.5, le polveri sottili al di sotto dei 2,5 µm di diametro aerodinamico. Le più pericolose per la salute, perché se le PM 10 raggiungono i bronchi, la trachea e vie respiratorie superiori, le PM 2.5 possono penetrare fino agli alveoli polmonari e da lì diffondersi nel sangue.

Arpat ne misura la presenza nelle stazioni di Fi-Bassi e Fi-Gramsci. L’andamento è coerente nelle due stazioni e di fatto non si notano significative variazioni tra prima e dopo il lockdown.

Firenze, qualità dell’aria: scende il NO2

Dove invece sono già evidenti gli effetti del lockdown è nel grafico sulla presenza di NO2, il biossido di azoto. Facile capire perché: questo gas, un irritante per l’apparato respiratorio, si forma in buona parte con i processi di combustione, ed è dunque un effetto del traffico.

Osservando il grafico si vede che dal 9 marzo, giorno dell’entrata in vigore delle misure restrittive contro il coronavirus, la presenza di NO2 nell’aria si è abbassata considerevolmente.

Inquinamento e coronavirus, come cambia la qualità dell’aria a Firenze

Arpat ha elaborato un diagramma boxplot per confrontare i livelli di NO2 nell’aria dei primi tre mesi del 2020 con quelli dello stesso periodo nel triennio precedente. I dati sono aggiornati al 22 marzo e si riferiscono alle stazioni Gramsci, presa come postazione “di traffico”, e Bassi, come postazione “di fondo”. Se a gennaio e a febbraio i valori erano in linea con quelli mediani del triennio precedente, si nota come a marzo siano diminuiti, soprattutto nella stazione di traffico.

I tre grafici che seguono rappresentano il “giorno tipo” nei primi tre mesi dell’anno. Se gli andamenti di gennaio e febbraio 2020 (tratteggiati dai punti in viola) non si discostano dalla mediana del triennio precedente, quelli di marzo sono

Benzene e monossido di carbonio

Altri due indicatori di come è cambiata la qualità dell’aria dall’entrata in vigore del lockdown sono quelli dei livelli di benzene e di monossido di carbonio presenti in atmosfera.

Il benzene è l’inquinante più direttamente legato al traffico. È un liquido volatile incolore che viene usato come antidetonante nelle benzine, tossico e cancerogeno. Dal 9 marzo in poi i livelli medi si sono fortemente ridotti. Specialmente quelli rilevati dalla stazione Gramsci, quella di traffico.

Tendenza simile per il monossido di carbonio, un altro dei gas emessi dai processi di combustione delle automobili utile a indicare la qualità dell’aria e il tasso di inquinamento a Firenze nei giorni dell’emergenza coronavirus. Anche in questo caso la stazione Gramsci ha registrato una tendenza in diminuzione a partire proprio dall’entrata in vigore delle misure restrittive.

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