“L’atto nasce sulla scia della mobilitazione che ha coinvolto molti Enti Locali, a seguito della dichiarata volontà del Governo di riaprire al nucleare in Italia – spiega Verdi – . Molti Enti Locali si sono sentiti in qualche misura esautorati e scavalcati nelle loro facoltà decisionali, proprio perché il Governo ha palesemente ammesso che la decisione sul nucleare e sulla collocazione delle centrali, avverranno con pieno potere e imperio da parte dell’esecutivo, e senza alcuna consultazione o senza richiesta di pareri degli Enti Locali o delle realtà territoriali”.
“Il Governo Berlusconi sta approvando il pacchetto anticrisi che prevede il ritorno all’energia nucleare – ribatte Baldini, consigliere Pdl – . Riguardo al referendum, dopo 22 anni, il Parlamento è legittimato a riprendere in mano la situazione per via del mutato contesto tecnologico. Il referendum ha una forza di legge ordinaria e può essere superato da un intervento delle camere. Il Governo, inoltre, ha detto soltanto che ci saranno 4 siti nei quali avviare una collocazione e occorre iniziare a ragionare affinché possa diminuire la dipendenza dall’importazione di petrolio, di gas e carbone e considerando che il nucleare di terza generazione è un’energia sostanzialmente pulita perché non produce anidride carbonica”.
Ma il no al nucleare “non è dettato solo da ovvie e naturali considerazioni di ordine ambientale e sanitario – sottolinea Fusi (Pd) – ma perché è una tecnologia che noi riteniamo superata e che ci sono altri sistemi naturali come le fonti rinnovabili che possono consentire di raggiungere gli stessi risultati di risparmio e di produzione di energia senza ricorrere a questi interventi così pesanti”.