venerdì, 13 Dicembre 2024
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Uno studio per l’Alzheimer

Un test genetico per la diagnosi precoce della malattia di Alzheimer è l'obiettivo di una ricerca dell'Unità di neurogenetica del dipartimento di scienze neurologiche e psichiatriche dell'Università di Firenze e dell'azienda ospedaliero universitaria Careggi. Lo studio è stato presentato in occasione della Giornata Mondiale dell'Alzheimer, fissata per il 21 settembre.

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La ricerca condotta su 70 soggetti di ambo i sessi, con iniziali difficoltà di memoria, ha individuato una correlazione, in 40 di loro, fra una particolare conformazione del gene chiamato KIBRA, da cui dipendono le capacità mnemoniche, e un rischio più alto di sviluppare la malattia di Alzheimer. “I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Neuroscience Letters – spiega Sandro Sorbi, ordinario di Neurologia presso l’ateneo fiorentino, direttore della prima clinica neurologica dell’AOU Careggi e coordinatore del gruppo che ha condotto la ricerca – confermano una influenza della genetica sulla capacità di ricordare. I geni potranno fornire indicazioni cliniche e diagnostiche per individuare precocemente, fra le tante persone che lamentano disturbi di memoria, coloro che hanno i primi sintomi di Alzheimer”.

Il gruppo di ricerca, di cui fanno parte Alberto Pupi, direttore della Medicina nucleare biomolecolare, e Benedetta Nacmias, responsabile del Laboratorio di Neurogenetica, presenta altre recenti scoperte genetiche sull’Alzheimer, con valenze terapeutiche, realizzate in collaborazione con un team di scienziati polacchi. “Siamo riusciti – prosegue Sorbi – a disattivare in alcune cellule umane coltivate in vitro l’espressione patologica del gene della Presenilina 1, una proteina che attiva l’amiloide, la sostanza responsabile dell’Alzheimer. Sappiamo che la malattia è causata da un accumulo abnorme di questa sostanza fra i neuroni che ne pregiudica il funzionamento. Nel nostro esperimento abbiamo modificato il gene per spegnere l’enzima responsabile della produzione dell’amiloide. Si aprono nuove prospettive terapeutiche”.

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“Intanto i progressi della diagnostica per immagini – aggiunge Pupi – ci consentono di distinguere i vari tipi di demenza in base al metabolismo delle cellule cerebrali. Grazie a studi condotti con la New York University è in corso di definizione il modello di riferimento del corretto funzionamento della memoria, come termine di paragone per distinguere precocemente i soggetti sani da quelli predisposti a sviluppare la malattia di Alzheimer”. Circa 14mila persone nell’area metropolitana di Firenze sono affette da forme di demenza, di queste la metà ha l’Alzheimer, malattia che si diffonde in rapporto all’aumento della vita media. Si calcola che in Italia ci siano circa 900.000 persone affette da demenza. In Toscana se ne contano 60.000, di cui il gruppo più numeroso – 12.800 – si registra tra gli 85 e 89 anni.

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