Proseguirà anche per il prossimo triennio accademico la guida del maestro Paolo Zampini, che una larghissima maggioranza di voti ha voluto riconfermare come direttore del Conservatorio Luigi Cherubini di Firenze.
Lo abbiamo incontrato nel suo ufficio dell’antica e prestigiosa sede di piazza delle Belle Arti, per avere un bilancio dei tre anni passati e un’anticipazione dei progetti da qui al 2021.
Gli occhi dei severi personaggi che hanno fatto grande il Cherubini ci scrutavano benevolmente dalle pareti.
Cosa le hanno trasmesso questi primi tre anni da direttore del Cherubini?
Dopo un primo periodo di naturale assestamento, durante il quale tutto appare molto difficile, ho acquisito pian piano fiducia e sicurezza, senza mai abbattermi. Ogni giorno ho imparato qualcosa; devo dire che fin da subito ho avuto collaboratori eccezionali che mi hanno aiutato e mi aiutano tantissimo; immediatamente dopo le elezioni ho tenuto a precisare quanto siano importanti, per un direttore, i collaboratori e i delegati; ritengo che la mia conferma sia in realtà una conferma per tutto il conservatorio: la dimostrazione che esiste una volontà da parte del collegio dei professori di proseguire sulla strada intrapresa.
Aggiungo che l’attività da direttore è molto varia e impegnativa e si deve imparare presto a gestire nuovi ritmi: si passa molto tempo a scuola, ma poi si corre alla conferenza stampa, si incontra un sovrintendente o il direttore artistico per un progetto, si frequentano concerti per avere la possibilità di conoscere l’offerta musicale della città, ma anche per avere occasione per mantenere contatti giusti. Il conservatorio non può permettersi di chiudersi nel proprio mondo».
Docente di flauto al Cherubini dal 1999, delega per la produzione, vicedirettore e infine direttore: non le manca la sua attività di insegnante?
Un docente deve avere la testa libera dai pensieri per poter insegnare al meglio delle sue possibilità; inoltre sono cosciente che il professore che mi sta sostituendo è un ottimo insegnante e ne sono estremamente felice. Da direttore continuo ovviamente ad avere quotidianamente rapporti con gli studenti, ma si tratta di studenti afferenti ad ogni corso di studio. Diciamo quindi che anche nei rapporti con loro il mio ruolo è diventato più complesso.
Spesso va nelle scuole per raccontare l’attività del conservatorio. Quanto è significativa l’educazione musicale per bambini e ragazzi?
È bello andare nelle scuole, è una cosa che ho sempre fatto con grande piacere; ritengo sia fondamentale parlare con gli studenti, verificare come gli insegnanti trasmettano loro amore per la musica, che raccontino storie o affrontino argomenti appassionanti.
Devo dire che a volte succede di andare nelle scuole e trovare studenti molto ben preparati, ragazzi ai quali sono stati dati i mezzi per avvicinarsi alla musica in modo non banale come la conoscenza degli strumenti, il significato di un’esecuzione, il saper ascoltare un concerto. Dobbiamo anche creare un futuro pubblico competente, no?
Quanto sono cambiati i ragazzi nell’approccio allo studio della musica?
Fino a venti anni fa i ragazzi frequentavano il conservatorio contemporaneamente a un liceo o a un’università ottenendo un diploma che poi serviva solo in Italia, oggi non è più così. I ragazzi che si formano adesso (il conservatorio attualmente offre percorsi accademici distinti in triennio e biennio, ndr) sono ben consapevoli della loro scelta, estremamente impegnativa e complessa. Si tratta di un percorso che li obbliga a valutazioni molto precise riguardo al loro futuro. Oggi, con il nuovo ordinamento, il diploma conseguito è spendibile in tutto il mondo, certificando ogni percorso formativo svolto.
Come si pone il conservatorio in rapporto alle altre scuole di alta formazione artistica e musicale italiane?
Un conservatorio, al di là del numero dei suoi iscritti, cresce di importanza per il luogo in cui ha la sede. Il Cherubini ha intorno a sé un territorio molto fertile, ricco di offerte musicali di eccezionale livello; di conseguenza si ha un confronto costante e privilegiato con tutti gli enti musicali di formazione e produzione; tutto ciò crea ottime strategie di azione e anche opportunità lavorative.
Molti studenti che arrivano da noi sono ben informati su queste opportunità perché apprendono – e poi trasmettono a loro volta in tempo reale anche attraverso i social – le esperienze vissute, le molte opportunità di fare musica, favorendo la scelta di altri giovani verso questo istituto.
Cosa vuol dire oggi fare musica?
In Italia c’è poca attenzione a quello che può essere lo studio della musica, soprattutto classica. Se quarant’anni fa era più semplice fare il musicista perché maggiori erano le occasioni, oggi, dato che in Italia sono pochissime le orchestre stabili o quelle semi professionali, c’è poca alternanza e quindi poco spazio per i giovani emergenti. I nostri studenti hanno tuttavia un’ottima preparazione, studiano con passione e determinazione e forse per questo riescono, in linea di massima, a trovare occasioni di lavoro sia in Italia che all’estero».
Da oltre 40 anni svolge attività concertistica, è inoltre stato a fianco di Severino Gazzelloni ed Ennio Morricone. Cosa le hanno lasciato queste due figure?
Gazzelloni, come flautista, ha il merito di essere stato il più grande divulgatore dello strumento che suono, forse colui che per primo ha capito l’importanza di entrare in un mondo parallelo a quello strettamente accademico, facendo molte apparizioni televisive e anche pubblicità; un innovatore per il repertorio che ha introdotto in Italia, che ha suggerito a straordinari compositori suoi contemporanei. In Italia esisteva una importante scuola flautistica ma non una punta di diamante come è stato lui.
Per quanto riguarda Morricone posso affermare che con lui ho un legame molto più stretto, un’amicizia consolidata e una profondissima stima reciproca. Determinante è stato suonare al suo fianco per oltre trent’anni; mi ha insegnato la professionalità, il modo di porsi nei confronti della musica e dei colleghi musicisti, l’etica del comportamento e della professione stessa, la socialità musicale insomma.
Quali saranno i prossimi eventi di maggior caratura per il Cherubini di Firenze?
Proseguiranno le collaborazioni con tutte le Istituzioni dell’area metropolitana e con le biblioteche e i musei: l’Accademia della Crusca, la biblioteca Marucelliana, la Riccardiana, la Laurenziana, l’Opificio delle Pietre Dure, il Museo di San Marco, il Museo degli Innocenti, la Fondazione Zeffirelli e tanti altri importanti luoghi fiorentini. È fondamentale aprirsi alla città e offrire musica non come intrattenimento ma come momento di arricchimento culturale.
A Firenze, città dove sono stati inventati il melodramma, il pianoforte, le classi di informatica e di musica elettronica, che si porta dietro una tradizione compositiva in continua innovazione, è giusto e doveroso che la musica venga fruita da tutti.
Molto importante è la cura dei rapporti internazionali e, nell’immediato, segnalo due cose alle quali tengo molto: il Premio Nazionale delle Arti che in questa XIII edizione ci vedrà accogliere gli studenti di interpretazione musicale per chitarra, arpa e mandolino con un omaggio al grande compositore di scuola fiorentina Castelnuovo Tedesco e un convegno a settembre per ricordare alcuni personaggi nati nel 1818 tra i quali Abramo Basevi intellettuale, ricercatore, nonché uno dei fondatori del Cherubini, che disseminò Firenze con la sua collezione di libri.
Ovviamente il calendario di tutti i prossimi eventi sarà pubblicato sul nostro sito intrente del Conservatorio Cherubini.