venerdì, 29 Marzo 2024
- Pubblicità -
HomeSezioniEventiRecensione: Captain America: il primo...

Recensione: Captain America: il primo vendicatore

-

- Pubblicità -

Il 1941 era l’anno in cui nascevano due eroi di cartone con un costume a stelle e strisce: Capitain America e Wonder Woman. La signorina dai superpoteri era una donna femminile e femminista in grado di volare e proteggere il mondo, il super-soldato un giovane americano che voleva difendere l’umanità dallo sterminio nazista.
La novità del fumetto della Marvel consisteva, infatti, nell’ambientare la vicenda di cartone nel contesto del secondo conflitto bellico dove il protagonista Steven Rogers, futuro Cap, era un ragazzo gracile e dalle spalle piccole ma con un coraggio proporzionalmente grande.
Nella sua trasposizione cinematografica, il regista Joe Johnston (premio Oscar effetti speciali per I predatori dell’arca perduta) destina la parte dell’eroe all’ex Torcia umana Chris Evans e assegna il ruolo del medico, deputato alla sua metamorfosi, ad un più convincente Stanley Tucci.
Sembra, infatti, difficile per un giovane così “invisibile” allo sguardo femminile, essere calcolato dall’occhio militare, almeno fino al momento in cui non s’imbatte nel lungimirante prof. Abraham Erskine che di passaggio sullo schermo, decide di iniettare nel suo corpo un potente siero.     
Con tale antidoto, capace di esaltare ogni potenziale umano, il fisico gracile di Roger muta in quello del supereroe tanto atteso e dopo una fugace calata pop nel mondo dello spettacolo, il soldato è pronto per partire in missione estrema.
In grado di sfidare Hitler, Captain America dovrà vedersela con Johann Schmidt, creatura persa nei suoi deliri esoterici ed intenta a cercare di disintegrare il mondo, ma personaggio poco consistente per una mente così diabolica.
Bene e male schierati a confronto sono questioni periodicamente riproposte davanti ai nostri occhi, ma il regista sembra ignorare molte delle ipotesi narrative offerte dalla soluzione originale o da una sua possibile rivisitazione immaginaria.
L’eventuale dialettica tra l’auto-esaltazione del super-uomo Schmidt e l’antitetico super-soldato non viene osservata nella realtà della Germania nazista, ma si riduce ad un combattimento eccessivamente dualista e a pochi dialoghi, consumati da un doppiaggio che imita l’accento tedesco.
Se bianco e nero possiedono poche sfumature anche gli altri personaggi procedono in modo abbastanza generico come sembra non volutamente sospesa, ma brutalmente recisa la storia d’amore tra Peggy (Hayley Atwell) e Steven.
La scelta meritevole di Johnston resta in ogni caso individuabile nella sua assenza di esasperato patriottismo. Gli elementi di umiltà e coraggio propri di Captain America (nonostante siano racchiusi in un corpo muscoloso) provengono da un “uomo piccolo” e sembrano, in linea con il fumetto, destinati a celebrare valori democratici e universali piuttosto che ad esaltare la bandiera nazionale.     
Rincontreremo presto Cap in compagnia di altri eroi quali Iron Man e Nick Fury in The Avengers, mentre entro la fine di questo 2011 la versatile Beyoncé vestirà i panni di Wonder Woman.
Chissà chi vincerà la battaglia Marvel- Dc Comics tra i due eroi vestiti a stelle e strisce.

- Pubblicità -
- Pubblicità -
- Pubblicità -

Ultime notizie

- Pubblicità -
- Pubblicità -
- Pubblicità -