domenica, 13 Ottobre 2024
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Recensione Film: Carnage

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Nella prima scena di Carnage, assistiamo ad una rissa tra due ragazzini, uno dei quali colpisce l’altro con un bastone. Dopo il giorno della discordia, i coniugi Penelope e Michael Longstreet (J. Foster- J. C. Reilly) genitori della “vittima”, decidono di invitare Nancy e Alan Cowan (K. Winslet- C. Waltz) genitori del “colpevole”, nel loro appartamento di Brooklyn per risolvere civilmente l’accaduto. Nessuno vuole essere più infantile dei propri figli, ma comunicare con educazione.
La coppia Longstreet, dunque, dopo aver comprato tulipani gialli e preparato il caffé, dispone gli avanzi di un dolce fatto in casa sulla tavola per creare un clima di fiduciosa collaborazione. La coppia Cowan si accomoda nello spazioso salotto, beve il caffé, mangia il dolce e cerca di partecipare alla conversazione piacevole. Malgrado ciò, fin dall’inizio, gli sforzi imbarazzanti da entrambe le parti raccontano un disagio che va oltre le apparenze e annuncia una profonda incompatibilità. Le telefonate assillanti di lavoro ricevute da Alan, le provocazioni nemmeno tanto velate di Penelope, le spiazzanti dichiarazioni di Michael e i malesseri di Nancy, lasciano intendere un diverso modo di pensare e sentire la realtà. In un crescendo di tensione che diventa sempre più tragico e grottesco e all’interno di uno spazio fisico che sembra restringersi, il tentativo di appianare le divergenze si capovolge in un vero e proprio scontro a carte sempre meno coperte. Le due coppie rivali, inizialmente alleate al loro interno, cominciano pian piano a naufragare e smarrire il precario sodalizio che le univa.

La lite che odora di “massacro” si sposta su continui piani diversi: dall’adolescenza con annessi denti sfracellati, al ruolo educativo della famiglia fino alla crisi della coppia stessa, istituzione che sembra più esistere in apparenza che esserci nel profondo. Polanski cambia bersaglio continuamente e con eleganza calpesta ogni travestimento borghese liberando i freni inibitori di ognuno dei coinvolti. È così che bastano due bicchieri di cognac a Nancy per spogliarsi di quell’immagine di donna dalle perle gentilmente accomodate sul collo e reagire al disinteresse coniugale del marito, come sono sufficienti pochi segnali per capire quanto le pulsioni umanitarie di Penelope siano la spia di una frustrazione più profonda. Chiuso in un interno da dove, con lo scorrere del tempo, si avverte sempre di più l’impossibilità di uscire, come diventa altresì palese l’irriducibilità dello scontro, il tutto procede ad un ritmo perfetto grazie anche a quattro interpreti che collaborano in maniera eccellente. Attori che confermano le proprie caratteristiche, ma che escono anche dai loro ruoli più ordinari, dando vita ad un’opera (adattata dalla pièce teatrale Il Dio della carneficina di Yasmina Reza) drammatica e al contempo carica di humour. 79 minuti, dunque, di tragedia e ironia, uno spazio di tempo che conferma l’acuta capacità di Polanski di viaggiare con la macchina da presa negli interni della mente umana. 

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