La giovane Livia era la bellissima principessa di Florentia. Un giorno, la bionda e delicata fanciulla si innamorò di un affascinante principe proveniente da una città vicina. Il loro amore era così forte da scatenare l'invidia della matrigna di Livia, donna avida e maligna.
“Non posso permettere che si sposino – si rodeva la regina cattiva – sono così amati da tutti che il mio potere è in pericolo, ma non rinuncerò mai alla mia corona e ai miei gioielli!”. La matrigna, così, colpì gli nnamorati con un sortilegio. Se Livia e il principe si avvicinavano l'una all'altro, alte lingue di fuoco sorgevano tra di loro, impedendogli di stare insieme. I due caddero nello disperazione profonda. La nutrice della principessa, che l'aveva allevata come una figlia dopo che la madre di Livia era morta, per annullare il maleficio preparò filtri con zampe di drago, pozioni con ali di pipistrello, antidoti con bacche di ginepro.
Niente funzionò. Finché una notte, mentre Livia dormiva un sonno pieno di lacrime, le comparve in sogno sua madre. “Non affannarti per vie tortuose e complicate – le disse – Pensaci bene. Quale rimedio è migliore dell'acqua per spegnere il fuoco? Contro le fiamme del sortilegio serve però un'acqua pura e incontaminata, come la rugiada che si forma al sole del mattino tra i petali del fiore dai cento colori”.
Livia si svegliò di colpo. E lesta lesta, insieme alla fedele nutrice, partì di nascosto per gli Orti del Parnaso, un monte sacro alle porte di Florentia dove cresceva il raro fiore dai cento colori. Livia e la nutrice scalarono pareti di roccia, guadarono torrenti, resistendo agli attacchi di fiere feroci. Ma all'alba del terzo giorno di ricerche riuscirono a trovare il fiore e la preziosa rugiada. Livia corse dal principe e appena gli fu vicina scagliò l'acqua magica sulle violente fiamme che già si stavano alzando tra loro. La pozione fece subito effetto. Il fuoco malefico scomparve e i due amati poterono riabbracciarsi, iniziando una lunga vita insieme.
L'acqua di rugiada fu così potente da rivolgersi anche contro l'autrice della maledizione. La matrigna cattiva, velenosa com'era, fu trasformata in un serpente di pietra, dura come il suo cuore e rivestita di cristalli lucenti come i gioielli che tanto bramava. La testa sormontata da una corona, non d'oro ma di ferro, e la bocca spalancata per sempre in un urlo di rabbia. Irriconoscibile, fu scaraventata alle pendici degli Orti del Parnaso dove ancora oggi il suo corpo di serpente giace su un crinale in mezzo ai fiori dai cento colori. Un rivolo di rugiada, magica e pura, le sgorga dalla fauci. Per ricordare a tutti la semplice potenza dell'amore.