La stagione del Maggio Musicale Fiorentino continua con la messa in scena del Don Pasquale, una delle ultime opere scritte da Donizetti. Composta nel 1842 su libretto di Giovanni Ruffini, ma firmato, per incomprensioni tra il compositore e lo scrittore, da Michele Accursi, il Don Pasquale, è un’opera buffa in tre atti dove i quattro protagonisti principali rappresentano famosi personaggi della commedia dell’arte: Pasquale è Pantalone, Ernesto è Pierrot, Malatesta è Scapino e Norina è Colombia.
Don Pasquale è un uomo anziano e benestante molto arrabbiato con il nipote Ernesto, suo unico erede. Il giovane, infatti, si rifiuta di sposare una nobile zitella perchè innamorato di Norina, giovane ma di modesta famiglia, e, all’ennesimo rifiuto al matrimonio che lo zio vorrebbe combinare, viene diseredato. Don pasquale decide quindi di sposarsi e si affida ai consigli del dottor Malatesta. Il dottore però, coglie l’occasione per aiutare l’amico Ernesto e con la complicità di Norina mette in scena un terribile tranello per il vecchio Don Pasquale. Norina si trasforma in Sofronia Malatesta, una giovane ragazza morigerata, bella, cresciuta in convento e sorella del Dottore. Don Pasquale se ne innamora a prima vista e la sposa seduta stante intestandole anche metà dei sui averi. Ma non appena il (finto) matrimonio è concluso Sofronia, da docile giovinetta, si trasforma in una dispotica padrona di casa facendo rimpiangere al povero Don Pasquale di non aver acconsentito alle nozze tra Ernesto e Norina. Alla fine l’inganno viene svelato e lo zio benedice l’unione tra i due giovani. La morale della storia “è assai facil da svelarsi: bene è scemo di cervello chi si ammoglia in vecchia età! Va a cercar col campanello noie e doglie in quantità!”
Il nuovo allestimento del Don Pasquale
Il nuovo allestimento presentato al teatro fiorentino e firmato dal giovane regista Andrea Bernard si compone di due scene (a cura di Alberto Beltrame): la casa di Don Pasquale che diventa un casinò e la dimora di Norina trasformata in un locale a luci rosse, il tutto trasposto negli anni 70’ del secolo scorso. I bei costumi, a cura di Elena Beccaro, riescono esaltare la presenza scenica dei protagonisti.
Gli interpreti
La prova migliore, sia recitativa che vocale, è stata offerta da Davide Luciano nei panni del Dottor Malatesta, abile anche nella difficile prova del famoso scilinguagnolo del terzo atto, che invece mette un po’ in difficoltà Nicola Ulivieri comunque interprete di un buon Don Pasquale. Marina Monzò si prende, come da copione, gran parte della scena e pare a suo agio nel ruolo di Norina, conferendo al personaggio la giusta dose di scaltrezza e sensualità. Infine il tenore russo Maxim Mironov, offre un impeccabile Ernesto nell’intenzione, nella dizione e nell’intonazione, anche se non dotato di grande volume. Il coro diretto dal maestro Fratini, offre una prova canora come al solito convincente, e da un prezioso contributo scenico interpretando egregiamente gli avventori del casinò.
La conduzione
La conduzione è stata affidata alla bacchetta del maestro Antonino Fogliani che imprime, fino dalle prime battute, un ritmo serrato, comunque coerente per tutta la durata della rappresentazione e in grado di valorizzare le bellissime pagine dell’opera donizettiana, in questo viene aiutato dall’ottima forma dell’orchestra del maggio.
Il pubblico
Il pubblico della prima ha apprezzato cantanti e direttore, accolti con calorosi applausi sul palco dopo la chiusura del sipario. Lo stesso non si può dire per la regia, accolta invece da numerosi fischi alla fine della rappresentazione. La galleria non ha gradito, né forse capito, alcune scelte di Bernard, specialmente Norina la spogliarellista del secondo e l’introduzione sulla scena di attori a contorno dell’azione dei protagonisti, ritenuta superflua e, in alcuni casi, addirittura fastidiosa
Una nota di colore: in tempo di emergenze sanitarie, l’unica mascherina che si è vista a teatro, è quella di uno storico abbonato della galleria che avendo visto la prova generale e, evidentemente, non avendo apprezzato l’ambientazione, se l’è calata sugli occhi per tutta la durata dell’opera.