venerdì, 26 Aprile 2024
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L’arcobaleno e la caccia al tesoro

Lapo, Cosimo e Beatrice hanno combinato un bel guaio e sono finiti in punizione. Quando ottengono il permesso di poter tornare a giocare all'aria aperta, salgono in bici e all'impazzata comincia a inseguire l'arcobaleno. E, proprio come dice la leggenda, dove finisce l'arcobaleno si nasconde un tesoro

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Pensate a una marachella. Lapo, Cosimo e Beatrice l'avevano fatta. L'ultima volta ne avevano combinata una davvero grossa: con le cere avevano disegnato il ritratto dei loro compagni di classe. Peccato che il bell'affresco l'avessero realizzato sulla facciata di un antico palazzo in San Frediano. Fu così che finirono dritti in punizione chiusi in casa. E ci stettero per un bel po', complice anche un mese di marzo molto piovoso che gli impedì di correre fuori a giocare. Quando il sole tornò a fare capolino, i tre birbanti si ritrovarono in piazza con l'energia di un leone. In sella alle loro biciclette, erano pronti a nuove chiassose scorribande che facevano rimpiangere agli abitanti del quartiere che la scuola non durasse 24 ore al dì.

Mentre inforcava i pedali, Cosimo gridò: “Guardate amici, l'arcobaleno!”. Un grande ponte colorato sovrastava i tetti, risplendendo nel cielo mezzo azzurro e mezzo grigio. “Mio nonno ha detto che dove nasce l'arcobaleno c'è un tesoro prezioso. Andiamo a cercarlo!”, disse. “Sì – gli fece eco Beatrice – così potremo comprarci un sacco di caramelle!”. “Pista!”, partì Lapo. E gli altri due monelli lo seguirono a ruota.

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Attraversarono mezza città all'inseguimento dell'arcobaleno, facendo spericolati slalom tra i malcapitati passanti e talvolta sopra i loro piedi. L'ultimo tratto fu il più duro: l'arcobaleno conduceva al Piazzale Michelangelo. I tre amici dovettero alzarsi sui pedali per affrontare la salita. “La nostra fatica sarà ricompensata quando troveremo il tesoro!”, disse Cosimo. E tutti pedalarono più forte. Arrivati in cima alla terrazza, là dove svetta il David, nonostante il fiatone si misero subito a cercare il luogo esatto da cui l'arcobaleno nasceva. Dovevano fare presto però: i colori iniziavano a sbiadire. Come segugi, setacciarono palmo palmo il Giardino dell'Iris, si infilarono nella loggia del Poggi, perlustrarono gli alberi del viale dei Colli e ogni gradino delle Rampe. Niente. Ormai l'arcobaleno era sparito, portando con sé le poche nubi rimaste e il tesoro prezioso.

I tre amici, sconsolati, risalirono sulla terrazza. Stavano per sedersi a riposare ai piedi del David quando Cosimo strillò: “Guardate!”. E indicò il profilo bellissimo che da Fiesole, passando per il Bargello, Palazzo Vecchio e il Duomo, toccava il Ponte Vecchio, Santa Croce e l'Oltrarno. Splendente, nel sole ormai alto. Non seppero dirlo a parole ma lo intuirono: un tesoro più prezioso di quello chissà se sarebbe mai esistito. E da quel giorno, i tre monelli iniziarono a volerle più bene, e a trattarla meglio, la loro città.

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