venerdì, 13 Dicembre 2024
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Gli vende il bar e poi pretende interessi al 50%

E' stato rinviato a giudizio un imprenditore fiorentino che applicava tassi d'interesse da vero usuraio nei confronti di un commerciante aretino. Dopo avergli ceduto un bar-pasticceria, in un punto strategico di Firenze, gli aveva infatti imposto pagamenti insostenibili, costringendolo a indebitarsi sempre più.

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Tutto comincia nel momento in cui i due stipulano l’accordo per l’acquisto del bar, per un importo di un milione e 200mila euro, da corrispondersi in parte in contanti e in parte attraverso la sottoscrizione di effetti cambiari.

L’artigiano, aretino però, per far fronte agli obblighi pattuiti con il venditore, si vede costretto a cedere l’attività che fino a quel momento aveva svolto ad Arezzo e l’abitazione in cui risiede con la famiglia, impegnandosi per di più con un istituto di credito al pagamento di rate mensili di mutuo per circa 15mila euro.

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Dopo un primo momento nel quale riesce a far fronte ai pagamenti, l’artigiano chiede al venditore di riscadenzare il rientro del debito cambiario che questi gli aveva concesso, sottostando però ad un incremento esponenziale degli interessi, poi calcolati in oltre 700mila euro.

Solo nel momento in cui l’acquirente si è trovato di fronte al serio pericolo di perdere la nuova attività ha trovato il coraggio di denunciare la vicenda alla Guardia di Finanza di Arezzo, che ha immediatamente avviato le indagini.

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Fin da subito è emerso come i tassi d’interesse applicati fossero ben oltre il limite previsto dalla norma, attestandosi a circa il 50% annuo.

Sulla base dei primi elementi probatori acquisiti, pertanto,sono scattate le perquisizioni degli immobili nella disponibilità dell’indagato fiorentino e, proprio presso la lussuosa abitazione dell’usuraio, sono stati sequestrati 61 titoli cambiari del valore complessivo di 108.000 euro circa, oltre a documenti che comprovavano il possesso di ulteriori cambiali per 720.000 euro, custodite presso la filiale di un istituto di credito e successivamente sequestrate.

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L’esame delle movimentazioni finanziarie, intercorse tra i due dopo la stipula del contratto di compravendita, ha permesso così alle Fiamme Gialle di documentare il pagamento da parte dell’artigiano aretino dei 700 mila euro, a mero titolo d’interesse, per evitare l’applicazione di una clausola vessatoria appositamente inserita nel contratto dal venditore, che gli avrebbe permesso di rientrare in possesso dell’attività.

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