Pro o contro? In vista dell’election day, i partiti sono divisi sul tema del referendum costituzionale 2020 per il taglio dei parlamentari: in tanti dunque si chiedono perché (e per cosa) andare a votare il 20 e 21 settembre, è utile quindi riassumere le ragioni del sì e quelle dei comitati del no al quesito referendario.
La tornata elettorale, che doveva svolgersi lo scorso 29 marzo, è stata fatta slittare all’ultimo weekend d’estate a causa dell’emergenza coronavirus: nelle stesse due date si vota anche per le elezioni regionali in 7 regioni, tra cui la Toscana, per le comunali in oltre 1.000 città e per i seggi vacanti al Senato in due collegi del Veneto e della Sardegna.
Perché andare a votare per il referendum 2020: le ragioni
Come vi abbiamo spiegato nella guida al referendum di settembre sul taglio dei parlamentari, per questa consultazione popolare non è previsto il quorum, quindi non andare ai seggi non significherà votare “no”: si tratta infatti di un referendum costituzionale confermativo, per approvare o meno una riforma della Carta fondamentale dello Stato, e non di una consultazione referendaria abrogativa, per bocciare una “normale” legge.
In questo caso, dice la stessa Costituzione, non è necessario raggiungere il 50% più uno degli aventi diritto: l’esito del voto del 20 e 21 settembre 2020 sarà valido indipendentemente dall’affluenza alle urne per il referendum (resta comunque la facoltà di rifiutare la scheda). Ecco quindi perché è importante andare a votare al referendum 2020, sia se si è convinti delle ragioni del sì, sia se si vuole respingere la riforma votando no.
Il quesito: cosa dice la riforma costituzionale
La scheda, su cui sarà riportato il testo del quesito referendario, sarà di colare verde chiaro. La riforma costituzionale degli articoli 56, 57 e 59, approvata l’anno scorso dal Parlamento e ora interessata dal referendum, prevede la riduzione del numero dei parlamentari dall’attuale totale di 945 (più i senatori a vita) a 600 in tutto (a cui aggiungere al massimo 5 senatori a vita): il taglio, se approvato con il sì, abbasserà i deputati da 630 a quota 400 e i senatori da 315 a 200.
Se vincesse il “sì”, i senatori a vita non potranno essere più di 5, mentre al momento sono 5 i senatori a vita che ogni presidente della Repubblica può nominare (non è previsto un numero massimo di senatori a vita che siedono in Palazzo Madama). Scenderanno inoltre i parlamentari eletti dagli italiani all’estero: gli attuali 12 deputati della circoscrizione estero passeranno a 8, i senatori da 6 a 4.
Pro: le ragioni del sì al referendum sul taglio dei parlamentari
Il taglio dei parlamentari è una riforma simbolo del Movimento 5 Stelle, che – a differenza di altri partiti – è nettamente schierato a favore al referendum costituzionale di settembre 2020: tra le ragioni del sì la riduzione dei costi della macchina politica e del Parlamento, la maggiore efficienza delle due Camere e un allineamento dei numeri del parlamento italiano a quelli degli altri paesi europei.
Perché votare sì, secondo i comitati pro referendum? Perché il taglio dei parlamentari porterà a un risparmio di 100 milioni di euro l’anno, per un totale di mezzo miliardo a legislatura, prendendo in considerazione indennità e rimborsi. Secondo i favorevoli alla riforma, i quasi mille parlamentari della Camera dei Deputati e del Senato sono troppi per l’Italia: chi è pro referendum evidenzia anche che il taglio renderà più efficiente il lavoro dei due rami del Parlamento, ora a rischio di dibattiti infiniti e di eccessiva frammentazione all’interno dei partiti. Inoltre i comitati del sì sostengono che il referendum 2020 è un’occasione unica per cambiare le cose e iniziare a riformare il Parlamento, le cui regole, in caso contrario, verrebbero modificate difficilmente dalla politica.
Contro: perché votare no al referendum di settembre 2020, le ragioni del no
I comitati per il no al referendum 2020 evidenziano invece la necessità di una riforma costituzionale più ampia in cui inserire il taglio dei parlamentari, perché la semplice riduzione numerica – senza essere accompagnata da altri correttivi – mette a rischio la rappresentatività e non inciderà sull’efficienza di Camera e Senato, prevedendo solo una modifica quantitativa.
Perché votare no al taglio dei parlamentari? Tra le ragioni del no al referendum la principale è il calo della rappresentatività, con collegi sempre più grandi ed estesi: se vincesse il “sì” al referendum – dicono i contrari – si andrebbe a intaccare il rapporto tra il numero di parlamentari e la popolazione italiana. In questo modo un singolo parlamentare rappresenterebbe una fetta di popolazione maggiore e le minoranze sarebbero meno rappresentate. Al Senato alcune Regioni più piccole verrebbero poi penalizzate per numero di rappresentanti. C’è infine il capitolo di “quanto costa il Parlamento”: secondo chi voterà no al quesito referendario, il risparmio per il taglio dei parlamentari sarà di gran lunga inferiore ai 100 milioni di euro stimati dai comitati per il sì.
I partiti per il sì e chi vota no al referendum: pro e contro
Le ragioni del sì e del no al referendum di settembre non dividono solo gli elettori, ma scuotono anche i partiti e i parlamentari: molte formazioni sono spaccate tra chi è pro e chi è contro il taglio. Posizione piuttosto granitica quella del Movimento 5 Stelle, promotore della riforma, che si schiera in blocco per il sì al quesito referendario. Nettamente schierata per il no invece +Europa.
La direzione nazionale Pd, nonostante le voci dissonanti all’interno del Partito Democratico, ha deciso di orientare la maggiore formazione politica di sinistra per il sì al referendum sul taglio ai parlamentari, promuovendo la linea del segretario Nicola Zingaretti, che però chiede una riforma elettorale. Critico sulla consultazione, il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, che ufficialmente ha lasciato libertà di voto, non risparmiando però qualche stoccata verso i promotori del referendum 2020, definito “uno spot”, “inutile” poiché serve una riforma complessiva e anche “una barzelletta, perché ridurre il numero dei parlamentari e lasciare il bicameralismo perfetto fa ridere”. Fuori dal parlamento il movimento delle Sardine invece si è schierato per il no alla riforma.
A destra Forza Italia è divisa sul tema: la capogruppo alla Camera si è dichiarata a favore del sì, ma altre anime del partito non sono concordi e lo stesso Silvio Berlusconi è per il no, perché, ha detto, si tratta di “un atto demagogico che limita la rappresentanza”, lasciando però libertà di voto. Sul fronte della Lega, un gruppo di parlamentari del Carroccio dice sì al referendum 2020, invocando una nuova legge elettorale, a favore del sì anche il leader Matteo Salvini, ma anche qui ci sono dei dissidenti interni. Linea pro referendum inoltre per Fratelli d’Italia, confermata da Giorgia Meloni.