lunedì, 30 Dicembre 2024
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Calcio storico fiorentino, quando è nato?

In passato non si giocava solo in piazza Santa Croce. Le origini del calcio storico fiorentino, competizione che vanta anche un trattato cinquecentesco sulle regole della competizione

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Spirito di squadra e duro scontro fisico, intrecciati con le traiettorie imprevedibili di una palla, affascinano da tempo l’uomo. Greci e romani giocarono la sferomachia e l’harpastum. La Francia medievale conobbe la soule. Diverse città rinascimentali praticarono una propria versione. Ma soltanto Firenze amò il calcio storico, tra partite “ufficiali” e campi improvvisati, tanto da legarlo indissolubilmente all’identità cittadina. Scopriamo quando è nato e alcune curiosità sul calcio storico fiorentino.

La prima partita conosciuta è in versi

Giovanni Frescobaldi è probabilmente il primo autore a raccontarci del calcio storico fiorentino, con il suo componimento poetico Volendo seguitare il mio disegno. Frescobaldi scrisse poco oltre la metà del Quattrocento, ambientando la partita in piazza Santo Spirito, tra squilli di trombe e moltissimi spettatori. I calcianti sono quindici per squadra e provengono tanto dalle grandi famiglie fiorentine alleate dei Medici come Bardi, Benci, Altoviti, quanto dai ceti più umili come suggeriscono alcuni soprannomi, «el Vespa», «el Mannza giuocator divino» o tale «Sghera», autore dell’unica caccia.

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Pertanto, nonostante le testimonianze del Quattrocento siano rare, verso metà secolo il calcio storico compare improvvisamente quale tradizione radicata e gioco partecipato. Infine, nella partita del Frescobaldi, una squadra rappresenta Santo Spirito, mentre l’altra «que’ del Quartiere più giù al dirimpetto».

«quivi s’adoperava ogni argomento:

chi le dà, chi rimbecca e chi rovina,

e chi pelle picchiate pare spento;

chi corre forte e chi lento cammina,

chi dà pettate e chi le gira al vento,

chi ’n alto salta e chi ’n basso si china,

e chi di far rovinar un procaccia;

chi grida, chi bestemmia e chi minaccia».

 

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Il calcio storico fiorentino sull’Arno ghiacciato

Verso fine secolo e soprattutto nel Cinquecento, le testimonianze diventano frequenti. Luca Landucci, nel Diario Fiorentino accenna alla partita suggestiva del 10 gennaio 1491. Quando, l’Arno ghiacciò e «vi si fece su alla palla». Quindi è la volta di Jacopo Nardi che nelle Istorie della città di Firenze critica Piero di Lorenzo de’ Medici, «troppo inclinato agli amori delle donne e al giuoco della palla col pugno e col calcio».

Tanto che, mentre i giocatori di tutta Italia giungevano a Firenze per allenarsi con lo stimato Piero, questi trascurava i suoi doveri di governo e il potere mediceo vacillava. Certo, l’erede del Magnifico dovette affrontare anche condizioni politiche molto difficili, tra la predicazione di Girolamo Savonarola e la campagna italiana del re francese Carlo VIII. Fino a quando nel 1494, i fiorentini insorsero per cacciare i Medici. E Piero divenne, Piero il Fatuo.

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17 febbraio 1530, la Partita dell’Assedio

Spesso il calcio storico fiorentino era servito alla propaganda medicea. Ma, per la partita più famosa di tutte, valse il contrario. Dopo il Sacco di Roma, la pace tra l’imperatore Carlo V e papa Clemente VII Medici preluse all’ultima guerra della Repubblica Fiorentina. Così, il 17 febbraio 1530, i fiorentini irrisero l’esercito imperiale, con una partita di calcio storico. Si giocò in piazza Santa Croce, in modo che gli assedianti vedessero bene, dai colli oltre le mura. La Storia Fiorentina di Benedetto Varchi ha immortalato l’episodio.

«i giovani, sì per non intermettere l’antica usanza di giocare ogn’anno per carnovale, e sì ancora per maggior vilipendio de’ nimici, fecero in sulla piazza di Santa Croce una partita a livrea, venticinque bianchi e venticinque verdi, giocando una vitella; e per essere non soltanto sentiti, ma veduti misero una parte de’ sonatori con trombe e altri strumenti in sul comignolo del tetto di Santa Croce, dove dal Giramonte fu lor tratto una cannonata; ma la palla andò alta, e non fece male né danno a nissuna persona».

Il trattato con le regole del calcio storico fiorentino

Il 12 agosto 1530, l’assedio finì con la vittoria delle truppe imperiali. Così, i Medici tornarono a godersi le cacce. Ad esempio nel 1558, per il matrimonio tra Alfonso II d’Este e Lucrezia de’ Medici, occorsero addirittura due partite, nelle piazze di Santa Croce e Santa Maria Novella. La seconda avrebbe ispirato l’artista fiammingo Jan van der Straet, a dipingere Il Gioco del calcio in piazza Santa Maria Novella (1561), conservato presso Palazzo Vecchio. Ormai, il gioco è tradizione secolare.

©Tiziano Pucci agenziafotograficaitaliana.com

Tanto che nel 1580, Giovanni Maria de’ Bardi pubblica il primo regolamento, ovvero il Discorso sopra il giuoco del calcio fiorentino. Un trattato sistematico, con ruoli, regole, nonché riferimento fondamentale per il calcio storico contemporaneo. A partire dalla raccomandazione di giocare in piazza Santa Croce. In ogni caso, le partite continueranno ad accompagnare gli eventi medicei fino all’estinzione della dinastia. Soltanto i Lorena permetteranno la decadenza. Le ultime partite delle quali si abbia notizia furono disputate nel 1739 a Firenze e nel 1766 a Livorno. Ma i fiorentini non dimenticano facilmente.

Quando è nato il calcio storico fiorentino “moderno”

Infatti, le partite ufficiali riprenderanno sporadicamente tra Otto e Novecento. E quindi, definitivamente, a partire dagli anni Trenta. Il 4 maggio 1930, infatti, Piazza della Signoria celebrò i quattrocento anni dalla morte del capitano della Repubblica Fiorentina, Francesco Ferrucci. Con un corteo storico e rievocando la Partita dell’Assedio tra bianchi e verdi, corrispondenti alle due sponde dell’Arno. Sebbene, negli anni immediatamente successivi, andarono affermandosi una squadra e un colore per ogni quartiere.

Oggi, la Partita dell’Assedio viene rigiocata il 17 febbraio. Mentre, il Torneo di San Giovanni impegna le quattro squadre. Bianchi di Santo Spirito, Rossi di Santa Maria Novella, Azzurri di Santa Croce e Verdi di San Giovanni, con due semifinali e una finale il 24 giugno, per la festa del patrono. I premi sono un palio dipinto da un artista fiorentino, una vitella chianina bianca, nonché l’unico premio già cantato da Frescobaldi, l’onore della vittoria.

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