Il conferimento della cittadinanza onoraria di Firenze a Beppino Englaro, e la quasi contestuale revoca di quella a Benito Mussolini, hanno attirato l’attenzione attorno a questo antico e controverso istituto. Un riconoscimento che negli anni è toccato alle personalità più disparate, da Garibaldi a Benigni, da Gioberti al Dalai Lama, in teoria d’ispirazione bipartisan ma in realtà legato a doppio filo alle maggioranze politiche susseguitesi in Consiglio (vedi Galeazzo Ciano nel 1936).Ciò detto, la lista dei cittadini onorari di Firenze (dal 1848 a oggi) è una sinfonia di nomi eccellenti. Quattordici premi Nobel, per esempio.
Si va da Wilson Woodrow a Rita Levi Montalcini, da Michail Gorbaciov a Kofi Annan, da Nelson Mandela a Desmond Tutu. Grandi protagonisti del secolo breve che si sono distinti in larga parte per un’instancabile ricerca della pace, e che Firenze ha voluto tra i suoi cittadini proprio alla luce di questa condivisione d’ideali. Perfetta sintesi di questo spirito libertario è la storia del professor Andrej Sacharov, premiato a Palazzo Vecchio nel 1989, pochi mesi prima di morire. Studente prodigio e presto fisico di fama, lo scienziato russo mise a punto la risposta “comunista” alla bomba nucleare americana. Accortosi delle terribili conseguenze della propria invenzione, Sacharov (Nobel per la pace nel 1975) si oppose alle scelte imperialiste e alla deriva autoritaria del regime sovietico, diffondendo nella comunità scientifica quei valori umanitari che all’epoca sembravano sul punto di crollare. Un cittadino di cui essere fieri, insomma, un grande del passato che siede in buona compagnia nel ritratto di gruppo dei fiorentini onorari. Peccato soltanto che in città, a differenza che altrove, manchi un regolamento specifico in materia. L’onorificenza viene concessa dalla maggioranza del consiglio comunale anche in assenza di stretti legami con Firenze, ed è proprio questo il motivo per cui da più parti si chiede con urgenza un intervento normativo.
Qualche eccezione compare, tuttavia, in questa prestigiosa galleria di personaggi. E’ il caso poco conosciuto del professor Vittore Branca (premiato nel 2002), intellettuale cattolico amico di Papa Montini, cui è legato uno degli episodi più importanti della nostra resistenza. Leggenda vuole che durante l’insurrezione fosse riuscito a stampare ventimila copie del primo giornale dell’era antifascista, collegando un’automobile Balilla (la corrente elettrica non c’era) ad una stampante piana. Il titolo del suo articolo di fondo recitava: “Firenze straziata ma non doma saluta il sole della libertà”.
Altre storie importanti sono quella del console tedesco Gerhard Wolf, premiato da La Pira nel 1954 per aver salvato molti prigionieri ebrei, e quella di Don Giulio Facibeni, maestro di Don Milani e fondatore della Madonnina del Grappa. Senza dimenticare studiosi come Pope Hennessy (maggior storico al mondo del rinascimento fiorentino) e Sir Harold Acton, ricordato come l’ultimo della colonia di intellettuali inglesi che a cavallo del secolo scorso si trasferirono sull’Arno. In chiusura, poi, una carrellata sui grandi italiani che compaiono nella lista dell’eccellenza fiorentina. Si parte da Garibaldi e Cavour, passando per Toscanini, Michelucci e Pertini e si finisce con Berio, Saviano e Monicelli (premiato il 12 maggio scorso). Come a dire, o a volersi dire, che la storia passa ancora da qui.