Un minuzioso e dettagliato articolo sulla rivista scientifica “Oecologia” spiega come, tramite una serie di esperimenti, i ricercatori del LINV dell’Università di Firenze siano riusciti a dimostrare una capacità di apprendimento e di memorizzazione delle informazioni da parte delle piante.
L’ESPERIMENTO. Stefano Mancuso, responsabile del LINV, assieme ad alcuni ricercatori dell’University of Western Australia, ha condotto una serie di esperimenti su una “Mimosa Pudica”, pianta caratterizzata da una peculiarità “difensiva”; qualora venga disturbata dall’esterno, essa chiude le sue foglioline per proteggersi da eventuali minacce. Spiega Mancuso: “La sua reazione immediata e visibile ci ha permesso di studiare le risposte a vari tipi di sollecitazioni, sia pericolose, come il contatto con un insetto, che inoffensive”. L’arbusto è stato sottoposto a svariati stimoli esterni non pericolosi (quali una caduta da appena 15 centimetri di altezza), ripetendo l’esperienza. Dopo alcune ripetizioni – continua il ricercatore – la pianta ha smesso di chiudere le foglie, come se avesse capito l’inoffensività degli stimoli, risparmiando inoltre energia. Infatti, Mancuso ha precisato: “Allevando le piante in due gruppi separati, con disponibilità di luce diverse, è stato possibile dimostrare infatti che quelle coltivate a livelli luminosi inferiori, e quindi con meno energia, apprendono più in fretta di quelle che ne hanno di più. Come se non volessero sprecare risorse”.
I RISULTATI. Mancuso spiega come le piante abbiano mantenuto la memoria delle esperienze a cui erano state sottoposte per 40 giorni, sottolineando la straordinarietà dell’evento. Riflette, inoltre, sul fatto che resti ancora da capire ome e dove i vegetali conservino queste informazioni e come facciano a richiamarle quando è necessario. Per rispondere a questi interrogativi sarà necessario applicare ad altri tipi di piante (tra cui le più indicate sarebbero – a suo dire – quelle carnivore) le tecniche utilizzate per studiare il comportamento animale.