Viaggio nei luoghi della superstizione
Vietato salire sul campanile di Giotto se ti stai per laureare. Passare con tutta cautela dalla piazzetta della Croce al Trebbio, un trivio prediletto in passato dal demonio. E se invece vuoi che il tuo amore duri in eterno recati nel luogo più romantico della città, Ponte Vecchio, fissa un lucchetto alla ringhiera e getta in Arno la chiave.
Nossignore, non si tratta di una moda lanciata da Moccia, ma di una leggenda testata nei secoli dai fiorentini. Il “brevetto” è proprio nostro, anzi di un fabbro che, prima dell’avvento delle costose vetrine degli orafi, aveva la bottega proprio ai piedi del ponte e pubblicizzava la sua attività narrando questa storia. Credevate forse che la superstizione fosse roba da nonni, rintracciabile solo nelle aspre campagne del Mugello o della Lucchesia? Vi sbagliavate di grosso. Il 30 per cento dei fiorentini non ha problemi nel dichiararsi scaramantico, come emerge da una recente ricerca svolta da una compagnia di assicurazioni. E dal tardo medioevo ad oggi avremmo pure abbandonato il cavallo in favore di agili scooteroni e il piccione viaggiatore per uno o più cellulari, ma le credenze popolari ce le siamo portate dietro e custodite con un certo riguardo.
Altro che anziani, sono proprio i giovani a tramandare la leggenda del campanile di Giotto. Credenza, questa, che il nostro campanile condivide con altre celebri distese di scalini, come la Mole Antonelliana di Torino o le due torri di Bologna, quasi che l’ascesa venga interpretata come atto di superbia e punita con il mancato raggiungimento del più alto obiettivo del percorso di studi. Certo anche questa credenza andrebbe aggiornata all’epoca dei master di primo e secondo livello. Tornando invece ai sentimenti, pare che piazza Santa Trinita sia un luogo propizio all’amore. “E’ qui che si svolgevano i ‘balli tondi’ delle donne in epoca medievale e rinascimentale – racconta Luigi Pruneti, autore di diversi libri in tema di storie e curiosità sotto il Cupolone, come “Firenze dei misteri” – e che gli uomini venivano a spiare, al Cantar di Maggio”, che poi sarebbe l’antenato delle moderne notti bianche.
Alzi poi la mano il fiorentino che non ha mai espresso un desiderio di fronte al Porcellino, il bronzo dell’omonima Loggia. Leggenda vuole che se la monetina, appoggiata sulla bocca aperta dell’animale, cade direttamente dentro la grata il desiderio si avveri. Il trucco è noto, la valenza simbolica rimane: solo gli spiccioli più pesanti centrano l’apertura al primo colpo. Insomma realizzare i propri sogni può costare caro. Infine ci sono quei luoghi, forieri di sventura, che sarebbe meglio evitare. Come il Lungarno della Zecca o il punto in cui viale Gramsci si innesta in piazza Beccaria, strade percorse nei secoli addietro dai condannati a morte. Anche se al massimo, oggigiorno, potremmo essere condannati a pagare un salato conto al parcheggio interrato lì sotto.
I fiorentini? Un popolo di scaramantici
No, Firenze non poteva fare eccezione. Lei, l’algida signora rinascimentale, alle tradizioni di lungo corso è abituata a rimanerci attaccata con i denti, e dunque neppure delle superstizioni si è voluta sbarazzare. All’alba del 2010 certe vecchie abitudini le ha ancora, e lo prova il fatto che il 30.2 per cento dei fiorentini non ha avuto problemi a dichiararsi superstizioso. Poco meno di un fiorentino su tre non ha avuto vergogna (interrogato da Nextplora per conto della compagnia Direct Line) ad ammettere che sì, gesti e oggetti scaramantici fanno parte della propria quotidianità. I
n particolare quando si tratta di mettersi al volante, il cittadino gigliato medio segue un cerimoniale scaramantico tutto suo. Un compagno di viaggio imprescindibile sembra essere il caro vecchio cornetto rosso, che il 22.3 per cento degli intervistati ha dichiarato di tenere con sé in auto, ben saldato allo specchietto retrovisore. Appena sotto, sul podio dell’oggettistica scaccia guai, si piazzano le cose personali, quelle che hanno un valore affettivo (come la foto di una persona cara): un fiorentino su dieci ne tiene una in macchina. Al terzo posto ci sono invece le coccinelle, i simpatici animaletti puntinati ai quali i superstiziosi fanno la corte dalla notte dei tempi: i fiorentini non sono da meno, e l’8 per cento degli intervistati dichiara di averne una come portafortuna in auto. Seguono, pari merito, i dadi (8 per cento), il ferro di cavallo (5.2 per cento), l’elefante con la proboscide alzata (1.6 per cento) e il sempreverde quadrifoglio (1.5 per cento).
Oltre a questa serie di oggetti mutuati dalla tradizione profana, ci sono poi quelli legati alla fede: il 13 per cento dei fiorentini tiene in macchina un’immagine sacra oppure un oggetto religioso. Ma non finisce qui: una volta attrezzata la macchina con tutto questo corredo apotropaico, c’è da metterla in moto e partire. Ma anche qui, non è tutto così immediato. Le date, ad esempio, per i fiorentini sono molto importanti: il 18.5 per cento ( a fronte di un 10 per cento a livello nazionale) storce il naso di fronte a una partenza di venerdì 17 ed evita come la peste viaggi in questo odiato giorno. Ancora: il 21.6 per cento non riesce proprio a mettere in moto senza prima aver preso con sé il proprio portafortuna.
Ma nel rituale anti-malasorte dei concittadini c’è pure un altro passaggio importante: l’oroscopo. Interrogare le stelle è un’abitudine per il 31 per cento dei fiorentini (che sono tanti) e il 4.5 dichiara di basare le scelte della giornata in base ai consigli astrologici. Un altro 31 per cento infine si dichiara scettico, ma ciò non toglie che le paginette oracol-astrologiche se le spulci lo stesso.