A fianco della rinascimentale Loggia del Mercato Nuovo fatta costruire da Cosimo I nel 1547 dall’architetto e scultore Giovan Battista Del Tasso in una posizione centrale della città e vicinissima a Palazzo Vecchio, inserita al centro della scalinata dal lato sud, si trova la conosciutissima fontana portafortuna del Porcellino.
Questa particolare opera bronzea, che in realtà non rappresenta un porcellino bensì un cinghiale, fu subito amata dai Fiorentini i quali la denominarono con simpatica tenerezza il “porcellino”.
In origine sotto il grande loggiato vi svolgevano le loro attività i cambiatori di valuta e i commercianti di drappi di seta, broccati e pregiate stoffe di lana. Nell’Ottocento, essendo cessati questi antichi mestieri, vi si esercitava il mercato dei fiori poi, dal 1816, quello della paglia trasferito da sotto le logge di San Paolo in Piazza di Santa Maria Novella, ed infine, ai nostri giorni, quello di manufatti di artigianato.
La fontana venne fatta collocare nell’agosto del 1640 dal Granduca Ferdinando II ai piedi della loggia, tra Calimaruzza e Via Porta Rossa davanti all’omonima spezieria del Porcellino, con la funzione pratica dell’approvvigionamento idrico dei mercanti che sotto il grande loggiato vi svolgevano le loro attività.
Per ragioni di viabilità del traffico, che col trascorrere del tempo si faceva sempre più intenso, ai primi del Novecento la fontana del Porcellino fu spostata sul lato sud nell’attuale luogo davanti al palazzo della Borsa Merci.
Pietro Tacca, allievo del Giambologna, nel 1633, aveva gettato in bronzo la statua del cinghiale, quale copia di quella classica ellenistica di marmo che si trova alla Galleria degli Uffizi e, quando realizzò la fontana, la pose sopra una singolare base ottagonale allungata, nella cui parte anteriore si forma una piccola vasca di raccolta dell’acqua che fuoriesce con monotono stillicidio dal muso dell’animale.
L’elegante e originale base è arricchita da una decorazione fitta ma sobria di piante, fiori, insetti, molluschi e piccoli anfibi, che vuol riprodurre il naturale ambiente acquitrinoso in cui il cinghiale predilige vivere.
Nel 1897 a causa dell’usura causata dal tempo, la base venne fusa nuovamente da Clemente Papi; analoga cosa si è ripetuta nel 1988 ad opera di Ferdinando Marinelli, come lo attesta un’incisione che si legge sul bordo destro.
Tradizione vuole che chi getta una monetina nella vasca facendola cadere con quel filo d’acqua che scende dalla bocca del selvatico mammifero, torni ancora a Firenze; ma l’effetto “portafortuna” lo si ha accarezzandogli muso e narici, affidandogli contemporaneamente speranze e desideri.
Tale usanza che conferisce al grugno dell’animale potere protettivo e propiziatorio, ha determinato la perenne scintillante lucidità del muso del cinghiale che, con il quotidiano tocco delle mani di decine e decine di persone, si leviga sempre più fino ad assumere riflessi aurei, in netto contrasto col colore scuro del bronzo rimasto tale in tutte le altre parti del “porcellino”.