martedì, 5 Novembre 2024
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Il gatto Gandhi, la mascotte delle Cure

Un gattone che è diventato 'cittadino ad honorem' di Ponte alle Riffe. Vi raccontiamo la storia di Gandhi, il micione che tutti alle Cure conoscono (e coccolano)

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Una mascotte del rione. Lo chiamano Gandhi: è il grosso gattone divenuto cittadino “ad honorem” del quartiere. Trascorre le sue giornate al sole lungo il marciapiede di via Ponte alle Riffe, alle Cure. C’è chi racconta di vederlo da molti anni. Attraversa guardingo la strada guardando sia a destra che a sinistra per avvicinarsi al massimo ai suoi amici del forno. 

Il “babbo” del gatto Gandhi

Abbiamo fatto due chiacchiere con il suo “babbo” Nicola Fornaciari che abita al piano terra di un palazzo in via Ponte alla Riffe dove quotidianamente è facile imbattersi nel tenero micione. Nicola ha insegnato a Gandhi ad essere libero. Non un classico animale da appartamento che non vede la luce del sole, Gandhi è stato accompagnato fin da piccolo nella giungla di cemento da Nicola che gli ha insegnato le regole della strada.

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“Gandhi mangia solo crocchette – ci racconta Nicola – gli piace riflettere e star fermo in un angolo della casa. Il suo nome è venuto nel periodo in cui praticavo meditazione: anche a lui piaceva meditare sulle mie ginocchia e stava immobile anche per un’ora. Ora siamo due adulti che convivono. Ultimamente presenta un po’ di acciacchi dell’età e mi dispiace dover passare da babbo a figlio che accudirà l’anziano”.

E i tanti “zii” del micione: gli abitanti del quartiere

Tutti nel rione lo conoscono e lo accarezzano. Durante i mesi estivi Gandhi staziona sul balcone di Nicola che per il caldo lascia la finestra aperta ed è lì che i passanti si prodigano in complimenti e coccole. “È divertente per me – continua Nicola – vedere quanto affetto attira verso di sé questo micione“.

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“Un episodio particolare fu la volta in cui fui svegliato da una mia ex fidanzata che in lacrime mi comunicava che era dal veterinario perché Gandhi era stato investito ed era morto. In lacrime mi precipitai e constatai che il mio amico era davvero morto. Un vero incubo. Mandai una email a tutti gli amici per avvisarli e stavo anche per affiggere dei cartelli in strada per informare il quartiere. Mi stavo apprestando a preparargli un funerale in casa, un ultimo saluto insieme a chi gli voleva bene, quando improvvisamente mia madre nell’altra stanza urlò: 'Nicola, Gandhi è vivo!' e con la coda dell’occhio vidi Gandhi vivo e vegeto. Si è trattato di uno scambio perché quel povero gatto deceduto era identico al nostro Gandhi”.

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