Nel mondo antico il cinghiale aveva un forte significato simbolico. Per i celti era un animale sacro, rappresentazione della forza divina allo stato selvaggio. In India la manifestazione della forza creatrice che pone fine al caos originale. Nelle culture mediterranee il cinghiale veniva identificato con la Morte, per il colore scuro e le abitudini notturne: ucciderlo significava sconfiggere l’Oltretomba. Nel mondo greco, fin da Omero, era il simbolo del coraggio virile, dell’indomabile ferocia e dell’audacia propria del guerriero. Per questo i Greci, come spiega lo storico Senofonte, consideravano la caccia al cinghiale un allenamento fondamentale per educare i giovani alla guerra. Gli Etruschi lo ritenevano a diretto contatto con le divinità infernali, lo cacciavano di notte o all’alba, con cani feroci e sembra con pantere, al suono dei flauti. Per i Greci era il kapros, per i Latini il tuscus aper trasformatosi nell’italiano cinghiale, attraverso il volgare toscano cignale.
Castiglion Fiorentino, in Toscana tra Arezzo e Cortona (sede di un Museo archeologico e da oltre venti anni impegnata in campagne di scavo per la presenza di importanti aree archeologiche etrusche), dedica a questo animale la prima mostra archeologica mai realizzata prima d’ora su questo argomento. Curata da Margherita Scarpellini (etruscologa, direttore scientifico del Museo Civico Archeologico), organizzata dal Comune di Castiglion Fiorentino e da ICEC con la collaborazione della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana ed il sostegno della Regione Toscana e della Provincia di Arezzo, la mostra presenta al pubblico cinquanta pezzi, molti dei quali inediti, che vanno dal VII sec. a. C. al III sec. d. C., provenienti dai maggiori musei archeologici della Toscana (MAEC di Cortona, Museo Archeologico delle Acque di Chianciano Terme, Museo Guarnacci di Volterra, Museo Archeologico Nazionale G. C. Mecenate di Arezzo, Museo Archeologico Nazionale di Firenze) oltre che da Museo Casa Siviero, Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria e collezione Cassa di Risparmio di Firenze.
L’idea della mostra, nasce dalla scoperta di un’area sacra etrusca nella parte più antica della cittadina toscana, nel piazzale del Cassero, dove sono stati rinvenuti centinaia di ossa di animali, tra cui molte zanne di cinghiale: offerte sacrificali, in onore, forse, di una divinità protettrice della caccia.
Simbolo della mostra una stupenda scena di caccia, rappresentata in una matrice di una coppa in terra sigillata aretina ( la tipica produzione ceramica dal colore rosso, che in epoca romana rese Arezzo famosa in tutto il mondo). Nella straordinaria scena dal forte senso naturalistico, un cinghiale esce da un canneto, affrontato da un guerriero con una lunga lancia ed un feroce cane; da dietro una bellissima figura maschile nuda, con un leggero mantello mosso dal vento, si torce per raccogliere la forza e colpire l’animale con una scure. Una scena fortemente evocativa, non lontana da quella che doveva essere la realtà. Sappiamo infatti che gli Etruschi cacciavano il cinghiale a gruppi armati, accompagnati da cani particolarmente feroci, discendenti dei mastini assiri, impiegati anche nella caccia all’orso, al cervo e al lupo.
La mostra è suddivisa in cinque sezioni Il Cinghiale nei riti e nelle offerte votive, Il Cinghiale nell’iconografia, Il Cinghiale nel mito, Armi e cani e Il Cinghiale nell’Alimentazione.
Nella prima sezione della mostra, sono presentate numerose zanne di cinghiale – rinvenute nello scavo del santuario etrusco castiglionese, ma anche in altre località toscane – un bronzetto (cm 5, fine VI sec. a.C) ed alcune statuette votive ad effige di cinghiale. IL CINGHIALE NELL’ICONOGRAFIA, per il periodo etrusco, presenta alcune bellissime ceramiche corinzie ed etrusco corinzie decorate con serie di animali. In questa sezione anche alcune gemme preziose appartenute al tesoro mediceo, tra cui una in calcedonio e corniolo con cavaliere che caccia il cinghiale. Esposte anche alcune monete, in particolare una delle prime coniate da una città etrusca, detta “moneta della Maremma” (3 cm per 17,53 g), con un cinghiale dal pelo irsuto. In argento, datata ai primi decenni del V secolo a.C., è stata attribuita alla zecca di Populonia. Tra gli oggetti, del periodo romano, in questa sezione, alcuni particolarmente curiosi come l’anello maschile in bronzo con accoppiamento tra un cinghiale ed una scrofa. In questo periodo, infatti, il cinghiale rappresentava il concetto di virtus e varie persone assunsero aper come nome proprio o la sua immagine come emblema personale. Esposta anche un’insegna di potere di un magistrato, un vero e proprio scettro, realizzato con una zanna di cinghiale lunga 15 cm, originariamente ricoperta d’oro.
La terza sezione (IL CINGHIALE NEL MITO) mostra come alcuni miti greci, in cui appare la cattura e l’uccisione del cinghiale, abbiano fortemente influenzato l’iconografia e la letteratura. Primo fra tutti il mito di Meleagro e la caccia al cinghiale caledonio. Eneo, re di Calidone, aveva offerto sacrifici a tutte le divinità, ma si era dimenticato di Artemide. La dea per punirlo gli inviò un mostruoso cinghiale che devastava tutto ciò che incontrava. Ovidio lo raffigura come un toro, con zanne elefantesche, setole come spade e fiamme che gli uscivano dalla bocca. Per vincerlo il re, riunì i più famosi eroi del tempo tra cui suo figlio Meleagro e la vergine Atalanta. L’animale ne uccise molti, finché non cadde sotto i colpi del giovane Meleagro (come si vede nel famoso cratere Francois di Chiusi 570-560 a.C.). In mostra, cinque urne cinerarie etrusche di epoca ellenistica e alcune coppe in terra sigillata aretina delle fabbriche di M. Perennius e di Cn. Ateius, databili al I sec. a.C. – I sec. d.C.. Altro mito greco è quello di Eracle ed il cinghiale di Erimanto per il quale vengono esposti una splendida anfora attica a figure nere della cerchia del pittore di Antimenes (515 a.C.) e uno skyphos (520-515 a.C.) del Pittore di Teseo, un unicum per l’iconografia in cui l’eroe sottomette lo spaventoso cinghiale con un ginocchio. Nella quarta sezione viene affrontato IL TEMA DELLE ARMI E DEI CANI: esposti cuspidi e puntali di lancia, di scure e di ascia, oltre a lunghi spiedi, le armi usate per la cattura del cinghiale. Tra i reperti di questa sezione anche un flauto. Il CINGHIALE NELL’ALIMENTAZIONE è l’ultimo argomento della mostra: sappiamo che gli Etruschi e i Romani facevano abbondante uso di carne di cinghiale che veniva bollito con erbe aromatiche o cotto alla brace. In ambito romano basta la descrizione del banchetto di Trimalcione nel Satyricon di Petronio: la pietanza forte era costituita da un enorme cinghiale con datteri dal cui ventre aperto usciva un volo di tortore. Esposti spiedi, tripodi, alari, fornelli, coltelli ed altri oggetti usati nell’alimentazione.
Catalogo a cura della Tiphys edizioni con saggi a cura di Carlotta Cianferoni, Cristiana Franco, Maurizio Martinelli, Giulio Paolucci, Paolo Bruschetti, Paolo Giulierini , Luca Fedeli, Silvia Vilucchi, Laura Paoli, Sara Mencarelli, Stella Menci, Valentino Minocchi, Piero Fusi, Luca Mattioli, M.G.Scarpellini, Paola Zamarchi Grassi, Sara Faralli, Mario Iozzo, Luca Mattioli
Chiesa di San Filippo, Piazza del Collegio, Castiglion Fiorentino (Ar)
date: 19 luglio – 18 ottobre 2009
Inaugurazione: 18 luglio 2009, ore 18.00
Orari: 10.00- 12.30 – 16.00/18.30 festivi chiusura 19.00, giorno di chiusura lunedì
biglietto: intero 4 euro, ridotto 2,00
Info e Prenotazioni: tel. 0575- 659457 sito internet: www.icec-cf.it