sabato, 14 Dicembre 2024
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La città dei lettori non si ferma: “Esserci è una responsabilità”

Parla il direttore Gabriele Ametrano: "Fare cultura è un ruolo sociale. Per questo, nonostante tutto, 'La città dei lettori' 2020 ci sarà"

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Malgrado quella che si annuncia come un’estate tremenda per le manifestazioni culturali, qualcuno ci ha voluto credere. Proprio nei giorni in cui gran parte degli organizzatori di festival e rassegne erano impegnati ad annullare, rimandare, inventare eventi dalle formule alternative, La città dei lettori ha deciso invece di esserci. La terza edizione si farà da giovedì 27 a domenica 30 agosto, nel cuore della prima estate post coronavirus. Ad oggi l’unica tra le maggiori rassegne letterarie in Italia a tenersi dal vivo.

Perché, secondo Gabriele Ametrano, direttore del festival, “l’operatore culturale in questo momento ha anche un ruolo sociale. Annullare gli eventi, convertire tutto in video o spostare all’anno prossimo è segno di minore responsabilità”.

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“La cultura è incontro, è confronto”, continua Ametrano. “Il filtro delle dirette online è stato sicuramente utile nel momento peggiore della pandemia. Ora però tocca a noi organizzatori dare un segnale di fiducia: possiamo tornare alla normalità. Tornare a esserci.

Con un’edizione per forza di cose diversa. In cosa?

Seguiremo ovviamente tutte le direttive sanitarie per garantire la sicurezza di pubblico, autori e organizzatori. Le iniziative si terranno solo negli spazi aperti, dove le restrizioni sanitarie probabilmente saranno più leggere. Il pubblico sarà monitorato e accompagnato al proprio posto. Stiamo prevedendo anche un sistema di prenotazione degli ingressi, anche se vogliamo essere positivi e pensare che per fine agosto non sarà più necessario.

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Gabriele Ametrano, direttore de La città dei lettori

Agosto è una collocazione insolita per un evento culturale.

Dobbiamo cambiare i canoni e l’idea che abbiamo dell’estate. Quest’anno specialmente, con tutto quello che è successo, in molti non potranno permettersi di andare in vacanza o di partire tutti i fine settimana. Noi proviamo a riempire un vuoto, dare la possibilità a chi rimane a Firenze di poter godere di un momento di intrattenimento. Tant’è che se nelle scorse edizioni avevamo sempre fatto un festival di tre giorni, quest’anno lo allunghiamo a quattro, dal giovedì alla domenica, e tutto nel tardo pomeriggio, dalle 17.

Che festival sarà?

Con tutte le difficoltà del caso: abbiamo un budget che, tra sponsor e investitori, è stato tagliato di almeno il 50%. Sarà difficile ricreare in toto La città dei lettori degli anni scorsi. Avremo meno incontri ma la qualità resterà la stessa. Ci sarà il Premio Strega, una collaborazione esclusiva per Firenze che siamo felici di portare avanti. A fine agosto il premio sarà già assegnato quindi non avremo ospiti i 12 semifinalisti come negli anni scorsi, ma ci saranno sicuramente il vincitore assoluto dello Strega 2020 e i vincitori di tutte le altre sezioni del premio. Manterremo la sezione ragazzi del festival, tutte le giornate saranno aperte da uno spettacolo o un laboratorio per i lettori più giovani. E come sempre, avremo autori di qualità, reading e le visite letterarie in città accompagnate da un autore e una guida turistica. Il festival resta a ingresso gratuito e non rinunciamo alla nostra tradizione di regalare un libro all’ingresso a chiunque verrà, anche se quest’anno dal punto di vista finanziario sarebbe stato più saggio farlo. Ma è nell’identità del festival e non lo vogliamo cambiare.

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Cosa resta di questi mesi di lockdown?

Abbiamo familiarizzato con le dirette social, che in questo periodo di pandemia hanno tenuto compagnia al pubblico. Come detto, credo che questo tipo di attività non rappresenti la vita della cultura, però sono un nuovo strumento per far conoscere quello che facciamo. Per questo trasmetteremo tutti gli incontri del festival sui social e registreremo tutti gli appuntamenti, in modo che chi non potrà essere a La città dei lettori potrà comunque seguirla da altri luoghi e anche successivamente.

Succede sempre più spesso che rassegne e festival si propongano non solo come raccoglitori, ma anche come produttori di contenuti culturali. Una tendenza che voi avete anticipato creando la rivista La città dei lettori. A che punto è il progetto?

Avevamo voglia di sviluppare uno spazio in cui pubblico e lettori potessero incontrarsi oltre il festival. E abbiamo pensato a questa formula: un contenitore di voci in cui gli autori che sono stati ospiti al festival e altri autori amici consigliano un libro. Non attraverso la classica recensione, ma in forma di racconto, un’esperienza che li ha portati ad avvicinarsi al libro scelto. Come quando si sta al tavolino di un bar con un amico e parlando di un viaggio, di un ricordo, a un certo punto ci viene in mente che c’è un libro in cui si parla proprio della stessa cosa. Siamo partiti a gennaio, per il momento solo online. Ma diventerà anche una rivista cartacea che esce una volta l’anno, un ibrido tra rivista e raccolta di racconti, in forma di libro. Un libro che consiglia altri libri.

A quale pubblico?

I dati statistici sugli accessi al sito e ai social della rivista sono sorprendenti: la maggior parte dei lettori è nella fascia che va dai 13 ai 25 anni di età. Giovani e giovanissimi. Mi fa pensare che c’è voglia e necessità di parlare dei libri, ma in maniera diversa. In più gli autori sono completamente liberi di scegliere il libro di cui parlare e di farlo come vogliono, spesso così si scopre anche una parte diversa dell’autore.

Eppure l’editoria è in una crisi profondissima e la pandemia non ha fatto che peggiorarla. L’Associazione italiana editori parla di 8 milioni di copie perse e un calo di fatturato di 900 milioni di euro nei primi quattro mesi del 2020. Come se ne esce?

Il mondo dell’editoria deve ripensare a tutto quello che ha fatto fino ad adesso. C’è stato un eccesso. Quei dati parlano anche di 21 mila titoli in meno che saranno pubblicati nel 2020. Ventunomila. C’è un eccesso di pubblicazione, di proposta. E dipende da un errore di fondo che noi con La città dei lettori cerchiamo di superare: considerare il pubblico solo come acquirente. Succede anche alle grandi fiere del libro. Biglietto di ingresso, nessuno spazio per l’accoglienza o per far riposare le persone, magari mentre un libro lo sfogliano. È un mercato. Non a caso abbiamo scelto di chiamarci “La città dei lettori” e non “La città del libro” o “degli autori”. Regaliamo un libro all’ingresso, è uno sforzo enorme ma è anche un messaggio: sei il benvenuto, tornerai comunque a casa con un libro. Al centro ci sono i lettori e anche gli autori nostri ospiti capiscono questo spirito, si pongono al loro fianco, non sono incontri in cattedra. Credo che anche l’editoria dovrebbe pensarla così.

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